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Alberto Maraschi: “Fiorentino a vita grazie a mio padre. Paragoni? Era forte come Higuain”

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Alberto Maraschi: “Fiorentino a vita grazie a mio padre. Paragoni? Era forte come Higuain”

Marco Collini

24 Marzo · 11:58

Aggiornamento: 24 Marzo 2021 · 11:58

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Mario Maraschi

Per parlare dei personaggi della storia viola, Labaroviola ha contattato in esclusiva Alberto Maraschi, figlio del grande Mario e tifosissimo gigliato. Mario ora riposa ad Arcugnano dallo scorso 3 dicembre, ma il suo spirito genuino traspare tutt’ora in famiglia. Fu il centravanti della Fiorentina tra il 1967′ ed il 1970′, uno dei pilastri del secondo scudetto. Bomber Maraschi realizzò 15 reti in quella stagione.

Buongiorno Alberto, come nasce la tua passione viola? 

“Sono nato a Firenze e posso dire di sentirmi un toscano o di più, un fiorentino anche se tutt’ora non la abito. Mi sono avvicinato al colore viola fin quando da piccolo sono cresciuto con i racconti del babbo e mamma Oriella. Mi hanno sempre parlato del cuore grande del popolo viola, la generosità trovata nelle persone della vostra meravigliosa Firenze. Nel corso degli anni i miei hanno fortificato le loro amicizie, fatte con compagnie semplici e calorose. Non potevo non innamorarmi della Fiorentina. Mi ricordo quando dodicenne, mio babbo mi portò a Pinzolo nel ritiro della squadra allora allenata da Picchio De Sisti. Conobbi dei campioni veri, tra cui Antognoni e Bertoni il quale mi regalò la sua maglia d’allenamento che ancora conservo gelosamente. Era un gruppo dal cuore battagliero, in casa doveva arrivare necessariamente la vittoria. Solo la Juve ed in quel modo ci separarono da quello scudetto”.

La Fiorentina ye-ye

Mario fu uno dei giovani pilastri di quella squadra, ci racconti un’aneddoto di quella splendida stagione? 

“Subito dopo la conquista del titolo, la società venne invitata in una tournée negli States, Mario per non rinunciarvi si sottopose a delle infiltrazioni per smaltire un infortunio fisico. De Sisti era il fulcro anziano, intorno a lui c’erano una schiera di giovani in fase di affermazione. Erano gli anni in cui vincevano le milanesi ed il Napoli di Sivori, lo scudetto viola fu una ventata d’aria fresca per il calcio italiano”.

Che persona e che padre è stato per te Mario? 

“Una persona mite e perbene, credeva nei veri valori della famiglia. Un uomo semplice che ho potuto vivere fino all’ultimo. Nello sport amava il settore giovanile, possedeva il carisma da allenatore. Rifiutò di fare il supercorso da tecnico nel 1977′ per stare vicino alla famiglia. Nel 1995 da direttore sportivo del Chiasso in serie C, prese la carica di allenatore con la squadra nei bassifondi inanellò 15 vittorie consecutive e raggiunse una storica promozione.

Lo cercò il Bellinzona in B l’anno dopo, ma anche lì non se la sentì di rimanere distante dalla famiglia”.

La Fiorentina 69/70 con lo scudetto sul petto

Nel calcio di oggi esiste un attaccante dalle caratteristiche di tuo padre?

“Mario si rivedeva tanto in Higuain, stessa fame di gol e istinto killer in area. Ne andava orgoglioso di tale riferimento”

Ti ha trasmesso l’amore per calcio? 

“Certamente, ho anche giocato una partita con Roberto Baggio nelle giovanili del Vicenza. In seguito sono diventato allenatore nella mia zona fino ad essere eletto come presidente dell’associazione allenatori di Vicenza”.

Come valuti il percorso dell’attuale società di Commisso? 

“Il presidente sta faticando per inserirsi nel sistema di calcio italiano, gli va dato tempo e rispetto perchè è un inprenditore che vale. Fece anche la conoscenza con Mario due anni fa nella celebre Hall of Fame, nella quale mio padre fu inserito.

Riguardo la guida tecnica avevo apprezzato la scelta di puntare su Prandelli, tecnico capace di infondere coraggio nel gruppo, sono francamente molto dispiaciuto del suo abbandono. Il percorso di Iachini penso che fosse giunto al termine nella passata stagione. Ora i calciatori non devono più scendere in campo con la paura e nel caso debbono ripensare all’impresa di Torino con la Juve. Quella è una serata per resterà impressa nella memoria dei fiorentini per sempre”.

Marco Collini

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