Un percorso di vita, non solo sportivo. Ma Edoardo Bove, 23 anni, potrebbe continuare ad essere un calciatore. Forse anche in Italia. C’è infatti la possibilità che, al termine delle cure intraprese all’ospedale Torrette di Ancona, in una delle eccellenze pubbliche in materia di cardiologia ed aritmologia del nostro Paese, il centrocampista possa addirittura togliere il defibrillatore sottocutaneo (rimovibile) impiantatogli a Careggi lo scorso dicembre, a pochi giorni di distanza da quel malore in campo che lascio tutti, non solo i tifosi viola, con il fiato sospeso. Se davvero così fosse, potrebbe puntare a ottenere una nuova idoneità. Oppure che la legge in materia di responsabilità cambi, e diventi possibile un via libera anche per atleti in particolari condizioni. Clamoroso, non semplice, però possibile.
Ma riavvolgiamo il nastro di questi ultimi mesi. Dopo la grande paura nel posticipo domenicale tra i viola e l’inter, il calciatore di proprietà della Roma, che a Firenze stava dimostrando anche il potenziale rimasto inespresso in giallorosso, ha intrapreso un cammino guidato dal professore Antonio Dello Russo, direttore della clinica marchigiana famosa anche per aver affinato l’ablazione della fibrillazione atriale. A marzo, il centrocampista ha passato un giorno e mezzo all’ospedale Torrette, dove si è sottoposto ad alcuni «accertamenti cardiologici approfonditi di tipo elettrofisiologico». Ad Ancona Bove era accompagnato da un suo consulente, il professor Paolo Zeppilli, che è pure presidente della commissione medico-scientifica della Figc.
Gli accertamenti a cui si è sottoposto hanno alimentato una speranza: quella che la sua vita da atleta non si sia chiusa quella domenica di dicembre.
Tant’è che, da marzo, oltre a restare a fianco dei suoi compagni, Bove ha iniziato ad allenarsi come un calciatore che deve rientrare da un infortunio. Lo ha fatto al Viola Park, sostenuto dalla Fiorentina che, pur non avendo voce in capitolo nel percorso sanitario, ha messo a disposizione tutto quello che era necessario.
«L’intenzione di Edoardo è di tornare a giocare. Penso che ci proverà e noi lo aiuteremo in tutto e per tutto», rispose il ds Daniele Pradè alla domanda su un eventuale futuro da dirigente per il calciatore. Durante i test svolti a ripetizione da Edoardo, era presente un’equipe medica pronta a intervenire in caso di necessità.
Ma non ce n’è mai stato bisogno, viste le risposte che il cuore del centrocampista hanno fornito ai medici che lo seguono: Cosi quello che, dopo la tragedia sfiorata al Franchi, sembrava un sogno realizzabile soltanto all’estero (dove in materia di responsabilità, ci sono normative diverse dall’Italia), è diventato qualcosa di più. Sono giorni decisivi per il suo futuro, a cui anche i vertici del calcio guardano con attenzione, perché il caso Bove potrebbe suggerire una rilettura dei protocolli. E aprire quindi nuovi scenari. Lo scrive la Nazione nell’edizione odierna