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Pongracic: “Vogliamo la Champions. Non ero convinto del Rennes. Ad inizio stagione momento brutto”

Firenze, Stadio Artemio Franchi, 30.03.2025, Fiorentina-Atalanta, foto Lisa Guglielmi. Copyright Labaroviola.com

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Pongracic: “Vogliamo la Champions. Non ero convinto del Rennes. Ad inizio stagione momento brutto”

Redazione

11 Maggio · 12:46

Aggiornamento: 11 Maggio 2025 · 12:46

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Marin Pongracic, difensore croato della Fiorentina, si è raccontato in una lunga intervista in cui ha parlato di tutto il suo percorso

Marin Pongracic si racconta in una lunga intervista a Flashscore, parlando della sua prima esperienza in Bundesliga ricca di problemi e del passaggio in A tra Lecce e Fiorentina, la sua squadra attuale.

Ha giocato per club prestigiosi come il Wolfsburg e il Dortmund. Cosa pensa le sia mancato per affermarsi davvero in Bundesliga?
“Credo che ciò che mi sia mancato di più sia stato un atteggiamento professionale nei confronti del calcio. Perché il calcio sia l’unica cosa importante per te, devi mangiare bene, dormire a sufficienza, lavorare di più in palestra. Devi semplicemente vivere per questo. Quindi una professionalità ancora maggiore, serietà nei confronti del calcio, disciplina”.

Ripensandoci, c’è una decisione o un momento durante il suo periodo in Germania che avresti gestito diversamente col senno di poi?
“Ci sono molte situazioni in cui avrei agito diversamente, ora che ho 27 anni posso dirlo. Era importante che queste cose accadessero per poter imparare dai miei errori. Purtroppo ci è voluto un anno, ma alla fine ne sono uscito più maturo, sono cresciuto e ora sono sulla buona strada”.

Quanta pressione ha sentito in Germania per dover dimostrare subito il suo valore in ambienti così altamente competitivi?
“Beh, ​molta di più che in Austria. Perché la Bundesliga è molto più grande, con stadi più grandi, molta più copertura mediatica, una qualità migliore, avversari migliori e tutto il resto. Sicuramente senti un po’ di pressione, ma non ho avuto grossi problemi al riguardo. Il problema più grande è quando le cose non vanno bene, quando non giochi bene qualche partita di fila, allora è più difficile uscire da quel periodo e devi sempre credere in te stesso. Ma quando sei giovane è più difficile, ho avuto un periodo simile a Dortmund, quando ho avuto alcuni problemi al di fuori del calcio, in termini di disciplina e di alcune questioni private. Quella è la cosa più difficile, uscirne, perché perdi fiducia, non c’è nessuno lì a dartela. Questi sono grandi club con grandi aspettative, se giochi qualche partita male, vai subito in panchina. Devi sempre credere in te stesso e acquisire quella fiducia attraverso un allenamento extra. Continuo a credere che tutto questo è stata un’esperienza fantastica e importante per il mio futuro sviluppo”

Al Borussia Dortmund, ha giocato al fianco di grandi campioni come Mats Hummels e Marco Reus e di giovani stelle come Jude Bellingham ed Erling Haaland. Cosa può raccontarci di quell’esperienza?
“Penso che sia stato davvero bello avere accanto giocatori del genere, che hanno avuto carriere di grande successo e raggiunto grandi traguardi. È stata un’esperienza fantastica giocare con loro, allenarsi con loro, perché si può imparare molto. Basta vedere come interpretano il gioco, come si comportano nei confronti del calcio, quanto sono professionali. Basta vedere quanto si impegnino prima e dopo l’allenamento, e tutto diventa chiaro. L’allenamento dura 90 minuti, loro lavorano qualche ora in più. Il miglior esempio è Erling Haaland, che viveva per il calcio. Ho giocato con lui anche a Salisburgo, quindi conoscevo bene tutto questo. È stato fantastico giocare con Mats Hummels, perché è un difensore come me, ho potuto imparare molto. Soprattutto tatticamente, come apre la partita, è un giocatore con molta esperienza, con tante partite importanti alle spalle. È stato un grande onore per me giocare con questi giocatori, sono giocatori di altissima qualità e si possono notare alcune differenze nel modo in cui i giocatori risolvono le situazioni difficili in campo, soprattutto quando la squadra non sta andando bene, e nel modo in cui affrontano queste situazioni”.

Pensa che il suo periodo in Bundesliga sia servito a prepararla meglio ad affrontare la Serie A?
“Soprattutto perché ho commesso molti errori in Bundesliga al di fuori del calcio, in termini di disciplina. Non ero abbastanza professionale, non prestavo attenzione a cosa mangiavo, a quanto mi allenavo, a come dormivo. Il calcio non era la mia priorità, anche se ho sempre amato giocarci, allenarmi, ma non è abbastanza. Nelle categorie giovanili, forse il talento mi bastava, ma quando arrivi a questo livello devi semplicemente subordinare tutto al calcio, eccellere. Ho imparato dai miei errori e alla fine ho voluto cambiare campionato. Lì ho anche avuto problemi con i media, che mi hanno un po’ diffamato dopo alcuni piccoli scandali che ho avuto. Ed è per questo che volevo cambiare Paese, sono arrivato in un club certamente più piccolo (il Lecce) rispetto a Dortmund e Salisburgo, ma volevo essere costante, volevo trovare continuità. Impari una nuova cultura e una nuova lingua, sei lontano dagli amici, dalla famiglia, sono maturato e cresciuto lì. Mi ha aiutato molto”.

La Serie A è spesso chiamata il campionato dei difensori: sente di essere migliorato tatticamente da quando è arrivato in Italia?
“S​icuramente è più tattica della Bundesliga. A mio parere, la Bundesliga è più intensa in termini di corsa, le squadre pressano di più, c’è molta corsa. In Italia il gioco è più passivo con un blocco basso o centrale e hai informazioni molto chiare dall’allenatore su cosa fare. Ho avuto tre diversi allenatori italiani a Lecce e uno qui alla Fiorentina. Palladino è il quarto allenatore italiano in due anni e mezzo, quindi ho sicuramente ho imparato molto e ho sviluppato la mia intelligenza tattica”.

Chi è stato l’attaccante più difficile da affrontare finora in Serie A?
“Mi fanno questa domanda spesso ma non ho ancora trovato una risposta univoca. Non c’era un attaccante in particolare, ci sono molti attaccanti bravi che sono più o meno allo stesso livello. Se devo sceglierne uno, di recente ho avuto l’opportunità di giocare contro Lautaro Martinez, che è un ottimo giocatore, e lo abbiamo visto in semifinale di Champions League. Poi Osimhen nella stagione in cui il Napoli ha dominato il campionato e ora è arrivato alla Juventus Kolo Muani, anche lui un grande giocatore. Secondo me, non ce n’è uno che spicchi particolarmente, sono in cinque o sei di quei top club che sono al top. Mi alleno ogni giorno con Moise Kean, che ha segnato molti gol quest’anno e anche lui mi ha un po’ sorpreso. Mi alleno con lui e vedo che qualità ha, sicuramente allenarmi con lui mi aiuta a migliorare in fase difensiva”.

Come giudica il livello generale della Serie A rispetto agli altri campionati europei?
“Penso che la Serie A sia migliorata negli ultimi due o tre anni. Ogni anno, i club investono sempre più denaro, nuovi stadi, infrastrutture, nuovi giocatori… Direi che i primi sette o otto club in Italia sono a un ottimo livello, posso solo paragonarli alla Bundesliga. A mio parere, il livello della Bundesliga non è eccezionale come quello della Serie A. In Italia, ad esempio, ci sono Inter, Milan, Juventus, Roma, Lazio, Fiorentina, Atalanta… Questi primi sette o otto club sono a un livello top. In Bundesliga, il Bayern si distingue. Se dovessi confrontarla ora con la Bundesliga, penso che la Serie A sia superiore in termini di qualità, anche se il primo anno dopo essere arrivato qui la pensavo diversamente. E se dovessi scegliere il campionato migliore, sarebbe ancora la Premier League, per me è il campionato più forte al mondo. La Serie A e la Liga sono a un livello simile per me, anche se in Spagna non ci ho mai giocato”.

Pensa di aver trovato l’ambiente giusto a Firenze per continuare a crescere come giocatore?
“Questo è certo, perché abbiamo un ambiente molto buono, con molti giovani. Ho ottimi compagni di squadra, sia dal punto di vista professionale che umano. C’è una buona atmosfera in squadra e i risultati ci accompagnano, il che è molto importante per l’atmosfera. Abbiamo un giovane allenatore ambizioso almeno quanto il direttore sportivo e il presidente del club, che vogliono progredire, vogliono portare la Fiorentina a un nuovo livello, vogliamo giocare in Champions League in futuro. Quindi sì, è sicuramente il posto giusto per me per fare forse quei pochi passi in più che mi mancano nella mia crescita. Qui abbiamo un nuovo centro di allenamento, costruito due anni fa, quindi anche l’infrastruttura è eccellente. Quindi dopo il Lecce, avevo davvero bisogno di questo, di un livello più alto. Ma anche a Lecce, ovviamente, c’era un livello che era molto importante per me, per essere calmo, composto, costante, giocare 30-40 partite a stagione. Ci sono riuscito, ora ho raggiunto un livello che mi permette di giocare in Europa, di dimostrare il mio valore a livello internazionale e di lottare in campionato per le prime cinque posizioni. Siamo molto competitivi, puntiamo in alto. Proprio come me che voglio continuare a migliorare”.

Com’è stato passare da un top club come il Borussia Dortmund al Lecce?
“Non è stato certo facile, se non fosse che ero in prestito al Borussia. Arrivavo dal Wolfsburg, dove non ero soddisfatto del mio minutaggio. Avevo una grande opportunità di fare una grande stagione al Borussia, ma non ci sono riuscito. Non ero soddisfatto delle mie partite, e nemmeno il club, quindi non mi hanno riscattato. Sono tornato al Wolfsburg, ma sapevo che non ci sarei rimasto. Volevo cambiare ambiente, perché ho sempre amato il calcio, avevo una passione. Volevo essere la migliore versione di me stesso e l’unica cosa logica era andare in un posto dove avrei potuto fare un passo indietro, per poi farne due in avanti. Non mi sono mai visto come un giocatore del Borussia Dortmund perché ero in prestito, non ho sfruttato al meglio la mia occasione, quindi era chiaro per me che era ora di lasciare la Germania, soprattutto perché avevo problemi con i media tedeschi. Così ho cambiato paese per mostrare le mie qualità, penso di esserci riuscito e di essere sulla strada giusta. Il mio ego non mi ha impedito di andare in un club più piccolo dopo aver lasciato il Borussia, perché il mio obiettivo è sempre stato quello di giocare, progredire, ritrovare la fiducia in me stesso”.

Quanto è stata necessaria la sua prima esperienza in Italia per il proseguimento della sua carriera?
“Penso che sia stata molto importante, perché la prima impressione è la più importante. Sono arrivato in un nuovo Paese, senza conoscere la mentalità, la cultura, le persone, era tutto nuovo. Ho avuto alcuni episodi in Germania che non sono stati i migliori per un giovane giocatore ambizioso che vuole raggiungere i massimi livelli. Era forse la mia ultima possibilità di raggiungere quel livello, di avvicinarmi al giocatore che volevo diventare, quindi quel primo anno è stato molto importante. E anche se ho avuto molti infortuni, mi hanno comunque acquistato perché il prezzo era accettabile, il Wolfsburg voleva vendermi. Così sono rimasto a Lecce, ho ottenuto il supporto del club e credo di averlo ricambiato nel modo migliore. Credo di aver giocato 36 partite di campionato su 38, a un ottimo livello. Gli osservatori di altri club se ne sono accorti: è stato molto importante dimostrare quello che sapevo fare. Ma sapevo che quando sono arrivato al Lecce sarebbe stato un trampolino di lancio per me verso qualcosa di più, verso il livello che penso di meritare. Ora sono alla Fiorentina e voglio sempre migliorare anche qui, e poi si vedrà”.

L’estate scorsa era vicino al al Rennes, poi è arrivata la Fiorentina: come ha vissuto quel momento “sliding door”?
“Non ero sicuro del trasferimento al Rennes, anche se è un club grande e ambizioso che ha creato e venduto molti buoni giocatori. Avevo ancora molto tempo a disposizione in quella sessione di mercato, circa un mese e mezzo, e il Rennes era il più concreto. Ma non ero sicuro che fosse una buona scelta, ho aspettato, e negli ultimi momenti si è aperta la via della Fiorentina, che mi si addiceva molto di più perché avevo dimostrato il mio valore in Italia, nel campionato di Serie A. Ho imparato la lingua, mi piace la vita in Italia e sono più vicino a casa. E per me la Fiorentina è un club più grande, una scelta migliore, almeno secondo me”.

Nella partita d’esordio della stagione, è stato espulso e ha perso il posto da titolare: quanto è stato difficile gestire mentalmente quel momento?
“È ​​stato molto difficile. Quel giorno faceva molto caldo, le condizioni erano difficili. Non eravamo nemmeno coordinati, e non ho giocato poi così male, ma quel secondo cartellino giallo non è stato certo il massimo. Tuttavia, l’allenatore e il direttore sportivo sapevano ovviamente che in quella partita non avevo mostrato il mio potenziale, il mio talento, siamo stati tutti pazienti insieme. È stata una giornata difficile, un brutto inizio, ma sapevo di non aver giocato male e che c’era ancora molto tempo per dimostrarlo. In realtà, il periodo più difficile per me è stato quando mi sono infortunato, due volte, e nella prima metà dell’anno ho giocato meno di dieci partite. Di certo non è andata come immaginavo allora, né come voleva la società, ma è andata così. Questo è il calcio. Questa volta, a differenza di prima, non potevo incolparmi di nulla, perché so di prestare attenzione a tutto, di essere un grande professionista. Sto lavorando sodo su me stesso, sto attento alla mia alimentazione e al sonno, ma è capitato lo stesso di infortunarsi, non c’è niente che si possa fare. Poi, però, ho iniziato a giocare di più, abbiamo iniziato a vincere. E, quindi, se all’inizio è stato difficile, ora è tutto come tutti immaginavamo”.

Qual è il suo obiettivo personale? Credi di meritare, o di poter competere, in un top club europeo?
“Il mio obiettivo personale è crescere giorno dopo giorno come giocatore, come persona e anche come leader, perché ho 27 anni. Ho esperienza alle spalle, siamo una squadra giovane e come difensore voglio guidare la squadra, in tutti i sensi. Penso che ci siano ancora molti aspetti in cui posso migliorare, ma sono sulla strada giusta. Il mio obiettivo è ovviamente giocare per la nazionale, giocare bene per la Fiorentina. Voglio soprattutto migliorare, essere la migliore versione di me. L’obiettivo è sicuramente giocare le competizioni più importanti con la nazionale e il club. Sono molto felice alla Fiorentina, un grande club, e ovviamente le ambizioni sono ancora altissime, quindi vedremo per il futuro. Credo che ogni giocatore dovrebbe puntare ai massimi obiettivi”.

Se potesse mandare un messaggio alla sua versione più giovane, quella che ha appena iniziato a giocare a calcio professionistico, cosa le direbbe di non fare o cosa le suggerirebbe di fare?
“Ho avuto molte persone che mi hanno dato buoni consigli: allenatori, direttori sportivi, la mia famiglia ovviamente, ma dovevo passare attraverso tutto questo e cadere a terra un paio di volte, per diventare la persona che sono. E il giocatore che sono. Mi direi quello che ho già detto prima: sii un professionista, prenditi cura di te stesso, sii mentalmente sano, pulito. Fai tutto questo per diventare un giocatore migliore, per progredire. Una carriera è molto breve, gli anni volano, soprattutto se vivi come ho vissuto io all’inizio della mia carriera. Le nostre carriere durano al massimo 15-20 anni, tutti dicono che c’è tempo, ma non è proprio così. Bisogna sfruttare le opportunità che ci vengono offerte, migliorarsi costantemente, lavorare sodo, anche se ovviamente bisogna trovare un equilibrio in tutto. Vedo spesso che alcuni giovani giocatori si allenano troppo, quindi sono più stanchi poi durante le partite. Bisogna trovare un equilibrio, dedicarsi a quello che si fa e, ovviamente, divertirsi, perché io amo molto il calcio. Questo è il consiglio che mi darei”

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