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Maehle bordate su Gasperini: “Un dittatore, zero rapporti. Non voleva che portassi in macchina Hojlund”

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Maehle bordate su Gasperini: “Un dittatore, zero rapporti. Non voleva che portassi in macchina Hojlund”

Redazione

5 Settembre · 23:13

Aggiornamento: 5 Settembre 2023 · 23:16

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No, Joakim Maehle non ha un ricordo esattamente positivo di Gian Piero Gasperini. E, di riflesso, neppure della propria esperienza all’Atalanta. E tutto ciò nonostante l’esterno danese, preso nel gennaio del 2021 dal Genk, si sia segnalato come un buon protagonista della nostra Serie A e della Dea.

Se qualcuno si fosse stupito della cessione estiva di Maehle al Wolfsburg, in Germania, ecco la risposta: il matrimonio sportivo tra il calciatore e l’Atalanta, semplicemente, era concluso. Quasi per sfinimento. E non si sarebbe potuto trascinare oltre.

La motivazione principale? Gasperini, appunto. Ed è uno strappo che si percepisce in maniera chiara all’interno delle dichiarazioni che Maehle ha rilasciato alla stampa danese dal ritiro della propria nazionale, che nei prossimi giorni sfiderà San Marino e Finlandia nelle qualificazioni agli Europei del 2024.

Avevo bisogno di una nuova sfida in questo momento della mia carriera. Una squadra in cui possa avere un ruolo diverso da quello che ricoprivo all’Atalanta, dove rischi sempre di fare panchina. Al Wolfsburg ti senti più parte di una squadra e c’è più unità e buonumore nello spogliatoio. Era quello che cercavo da un po’. Sono felice di essere arrivato in una squadra in cui senti che tutto è sotto controllo”

“Ci allenavamo sempre nel pomeriggio. L’allenatore aveva deciso così e non c’era davvero alcuna libertà. Anche se vivevi in un bel posto e il tempo era bello, non avevi il tempo di godertelo, perché trascorrevamo tanti giorni e tante ore al centro sportivo”.

“Approccio quasi dittatoriale di Gasperini? L’hai detto tu. Non volevo dirlo prima, perché temevo che scrivessi una cosa piuttosto che un’altra… (rivolto al giornalista, ndr). Era così che decideva tutto. Se, ad esempio, facevamo un doppio allenamento, dovevamo restare a dormire nella struttura per la notte. Allora non ci era permesso di tornare a casa. Stile di gestione basato sulla paura? Sì, un po’. Puoi chiamarla cattiva gestione o quello che è, non lo so. Almeno mi sono preparato per le esperienze successive della mia carriera”.

“Non ti senti una persona, ti senti un numero. Non hai alcun rapporto con l’allenatore. Può tormentare qualcuno per cose strane. Ad esempio, io e Hojlund andavamo insieme ad allenarci. Ma lui non voleva che guidassimo insieme. Perché così potevamo sederci, chiacchierare assieme mentre andavamo all’allenamento, divertirci. Non lo voleva e per questo sono stato rimproverato. Anche se il club mi aveva detto che potevo portare Rasmus con me agli allenamenti, perché non avevano un autista per lui. Non so se questo sia tipico degli italiani, ma sono solo alcune cose che a lungo termine ti fanno arrabbiare e stancare”. Lo scrive Goal.com

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