
Cesare Prandelli ha parlato a Lady Radio, queste le parole dell’ex allenatore della Fiorentina:
“Quando sono arrivato alla Fiorentina ho detto che sarebbero serviti minimo due mesi di lavoro prima di fare bene ed è stato cosi, ci vuole tempo, non puoi fare tutto e subito. C’è bisogno di lavoro e di un gruppo che hanno voglia di imparare. L’anno prima che arrivassi era stato un anno particolare, il primo obiettivo non poteva che non essere la salvezza, poi arrivata già a dicembre con una stagione meravigliosa
Il campo e l’allenamento ti dicono come mettere al meglio i giocatori nelle condizioni migliori, con Brocchi e Fiore per esempio abbiamo lavorato a lungo per trovare la loro giusta posizione nel campo, capendo che avevo dei ragazzi che avevano la convinzione assoluta di fare qualcosa di importante. Quando a Firenze si crea armonia fra tutti c’è qualcosa di famigliare, tutte le squadre quando arrivavano a Firenze sentiva il peso dello stadio, sapevamo che non eravamo mai soli anche quando prendevamo fischi ma se hai carattere vai avanti. L’aspetto più importante di una squadra di calcio è l’unione che riesci a creare
Mi ricordo quando spostavo Jorgensen da destra e sinistra e gli dicevo di aggredire subito, loro non capivano subito ma poi abbiamo visto insieme che toglievamo tempi di gioco alla squadra. Ho rincorso Toni già quando io ero a Venezia e lui era a Vicenza, poi l’ho subito proposto a Corvino nel 2005, penso sia stato un giocatore che in area di rigore non ha eguali, lui doveva stare solo in area e pensare di far gol. Quando Corvino mi chiamò e mi disse che l’aveva preso gli risposi che avevamo fatto un grande colpo.
Pazzini giocava quasi da seconda punta e girava intorno Toni. Jimenez aveva grande qualità e con il primo controllo già era quasi un dribbling, con Ujfalusi ho lottato per convincerlo a giocare come terzino destro, poi alla fine mi ha ringraziato. In allenamento lasciavo 15 minuti liberi e vedevo che lui andava sempre sulla destra, si divertiva e metteva dei cross interessanti, cosi ho avuto l’intuizione
Bojinov aveva qualità, lui all’inizio ha fatto fatica perchè pensava di essere un predestinato, poi ha capito che doveva lavorare e mettersi in competizione con gli altri. Pensava di essere titolare, poi ha visto che c’erano gente come Toni e Pazzini e che quindi doveva conquistarsi il posto. Mutu? Non avrei mai detto che lui potesse fare l’allenatore, ma zero, lui mi chiamò e mi ha parlato di tattica e di triangoli e schemi, ci siamo visti e per 2 ore abbiamo parlato solo di tattica. Vuole tornare in Italia come allenatore e credo che possa farcela
Jorgensen aveva la dote di rafforzare le cose che facevamo, molto spesso andavo nello spogliatoio perchè volevo parlare ancora ma c’era lui che aveva già sistemato tutto dando aiuti ai compagni sui movimenti in campo. Sapeva aggregare, sapeva intervenire nei momenti giusti”
“Ho parlato con un collaboratore di De Zerbi, mi continuano a ripetere che Dodò è un campione”