
Nessun commento. Nessun contatto con la città, scrive oggi il Corriere Fiorentino. Rocco Commisso ieri è rimasto chiuso in albergo senza nemmeno la consueta visita del mattino al centro sportivo. Troppo grande la delusione per lo storico (in negativo) 6-0 subito a Napoli. E troppo delicata la vicenda Franchi per non prendersi una pausa di riflessione prima di incontrare il sindaco Nardella (nei prossimi giorni, assicurano i viola). In fondo in questa infinita partita a scacchi sul nuovo stadio ieri toccava al sindaco provare a uscire dalla posizione di svantaggio in cui la decisione del ministero l’aveva relegato. E le parole arrivate da Palazzo Vecchio sono apparse un po’ troppo ottimiste (in particolare sui tempi) e hanno lasciato più di un dubbio. Il patron comunque andrà a vedere le carte e poi deciderà se rassegnarsi a un Franchi di cui non avrebbe il «total control» e non in grado di consentire alla Fiorentina di competere ad alti vertici, oppure rilanciare l’ipotesi Campi.
Le domande di Commisso a Nardella saranno sostanzialmente tre: quali sono i tempi di realizzazione (nel 2026 ricorre il centenario dalla fondazione della Fiorentina)? Qual è il progetto per lo stadio e per l’area di Campo di Marte? Che ricavi possono arrivare per la Fiorentina? Difficile dare risposte certe, soprattutto all’ultimo quesito perché tutto il dibattito sulla crescita sportiva che ha infiammato Firenze negli ultimi 13 anni rischia di dissolversi.

Il punto da cui partire è la questione della proprietà. Con il Franchi ristrutturato da Palazzo Vecchio e non dalla Fiorentina, cade definitivamente il modello applicato fino a oggi in quasi tutte le realtà italiane in cui sono stati realizzati nuovi stadi. La formula della concessione per lunghi periodi del terreno o dell’impianto (che per la Juventus è di 99 anni, per il Bologna sarà di 40) in questo caso non è applicabile: lo stadio è e resterà di proprietà del Comune che poi stipulerà la convenzione con il club (alzando sicuramente il prezzo) per l’utilizzo della struttura e, probabilmente, di parte degli spazi commerciali che verranno realizzati all’interno del Franchi. Un cambio di prospettiva decisivo visto che lo stadio di proprietà rappresenta in Europa l’unico strumento di crescita in termini di ricavi e di risultati sportivi. Da anni ormai i club europei devono sottostare alle regole del fair play finanziario che non consente bilanci nei quali le spese siano superiori alle entrate. La possibilità però di patrimonializzare un impianto sportivo consente ai club d’alzare l’asticella del proprio patrimonio con la conseguenza che la forbice di spesa nell’acquisto di giocatori aumenta. A conferma di questo, secondo la Uefa, le spese per la realizzazione di impianti non vengono considerate ai fini del raggiungimento dell’equilibrio finanziario.
A venire a mancare c’è poi l’elemento dei ricavi pubblicitari che con uno stadio di proprietà sarebbero aumentati di molto, a partire dalla cessione temporanea dei «Naming rights», cioè del nome dell’impianto a un grande sponsor fino ai banner pubblicitari che in un contesto più attrattivo rendono molto di più. Lo stesso discorso vale poi per le televisioni soprattutto in un ottica internazionale e per i ricavi del botteghino tramite l’aumento dei prezzi. Tutti elementi che, di colpo, la scelta di Nardella ha spazzato via lasciando alla Fiorentina tre opzioni: usufruire di uno stadio più confortevole pagando l’affitto, tornare sull’idea di uno stadio fuori Firenze, oppure (la strada a questo punto più difficile) provare a entrare nell’affare pagando parte della ristrutturazione chiedendo in cambio la concessione. A scegliere sarà Commisso. Chiuso in albergo e anche, forse, in un vicolo cieco