Ecco alcuni estratti dell’intervista di Michele Uva, vicepreside UEFA a La Gazzetta dello Sport:
“ogni decisione che verrà presa avrà come principio base e inderogabile la salute pubblica. È la nostra stella polare”.
“L’Uefa è formata da 55 federazioni e deve tener conto di tutte le disomogeneità da un punto di vista sportivo e sanitario rispetto all’impatto del coronavirus. Per capirsi, la situazione in Italia o in Spagna è diversa da quella in Svezia o in Norvegia. Gli approcci davanti al problema sono differenti”.
“C’è un tavolo permanente per aiutare federazioni, leghe e club a riprendere e terminare i campionati inserendo nel mezzo i turni delle coppe europee. la scelta di quando riprendere allenamenti o campionati non spetta all’Uefa, ma è demandata ai governi nazionali in base alle disposizioni sulla salute pubblica e poi a federazioni e leghe. Nelle linee guida dell’Uefa non c’è quando o se riprendere un campionato”.
“La volontà di federazioni e leghe è di riprendere a giocare. Stiamo ragionando su questa volontà comune e non sulle eventuali eccezioni”.
“Il 30 giugno è la data che segna la fine della stagione sportiva, della chiusura dei bilanci e dei vincoli contrattuali dei giocato- ri. Per prolungare il termine di chiusura dei bilanci servirà un decreto legge per superare il vincolo civilistico. Per i contratti dei giocatori invece serve una disposizione della Fifa, ma c’è disponibilità a farla”.
“Il FFP ha portato il sistema da una perdita di 1,7 miliardi a un utile di 141 milioni in soli 8 anni. Non poteva essere cancellato, ma bisognava tener conto delle problematiche create dal coronavirus e quindi adeguare transitoriamente le norme, non richiedendo il budget 2020-21 fra i documenti necessari. Il pareggio di bilancio e il pagamento dei debiti scaduti restano invece in vigore”.
“Porte aperte e porte chiuse sono scelte dei governi nazionali”.