
nella foto: Dusan Vlahovic
Dunque non è detto che a caterve di gol corrispondano risultati, mentre il risultato può essere determinato anche da un solo gol. Conta segnarli, certo. Ma conta anche quando li fai e anche, se non li subisci. Concetto determinante questo, che passa inevitabilmente dai punti che riesci a mettere insieme. Con tanti o pochi gol.La filosofia aiuta a capire, ma la pratica ancora di più. Dunque, Dusan Vlahovic, prima di partire per Torino sponda bianconera, con la Fiorentina ha giocato 21 partite.
Per avere quindi un dato significativo prendiamo in esame le dieci sfide (con lui e senza) che sono state giocate con le stesse squadre dopo la sua partenza: Atalanta, Inter, Napoli, Lazio, Spezia, Empoli, Bologna, Sassuolo, Verona, Cagliari, aspettando ovviamente le altre in calendario. In queste dieci partite la Fiorentina, con il serbo, ha collezionato 4 vittorie, 2 pareggi e 4 sconfitte per un totale di 14 punti; con Piatek-Cabral (coppia in alternanza) il percorso dei viola è stato di 5 successi, 3 pari e 2 ko: che tradotti in punti vuol dire 18. Addirittura 4 in più rispetto alla versione con Vlahovic. Se poi vogliamo allargare il discorso, sempre affidandosi ai numeri, la Fiorentina del post DV9 produce una media punti di 1,80 (in 10 partite), contro 1,67 delle 21 partite con il serbo nel motore.
Non ancora un dato significativo – mancano ancora diverse giornate –, ma incoraggiante.Certo, il colpaccio del San Paolo ha dato una spallata importante a questo raffronto e di conseguenza alla classifica della Fiorentina. E il successo al ’Diego Maradona’ non è arrivato a caso; legittimato dal gioco della squadra e della qualità dei singoli. Tanto per riallacciarsi al postulato di Italiano, datato 15 luglio 2021: «Difendere bene ed attaccare benissimo». Lo scrive La Nazione.
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