Due indizi fanno una prova. Allora non è vero che Albert Gudmundsson ha ‘disimparato’ a giocare, oppure che sia entrato in una crisi di identità. No, perché quando la sua nazionale chiama, lui risponde con prestazioni che lasciano soddisfatto il ct Gunnlaugsson; ma che allo stesso tempo amplificano i sospiri dalle parti del Campo di Marte.
Già, perché contro l’Ucraina sono arrivati due gol, nonostante la sconfitta rimediata nel finale, e con la Francia una gara solida, di sacrificio culminata con l’assist per Hlynsson che è valso il vantaggio, poi colmato da Mateta, per il definitivo 2-2. Nel mezzo tanta convinzione e qualità che hanno confermato quanto determinante potrebbe essere l’islandese nell’economia del gioco viola. La domanda, allora, nasce spontanea. Perchè in nazionale sì e con la maglia viola, almeno fino ad oggi, no? Saperlo…
Tutto nasce probabilmente dalle difficoltà collettive che la Fiorentina sta vivendo, accompagnate anche da una difficoltà di manovra e di ampiezza del gioco che alla fine oltre a penalizzare la squadra in generale, colpisce lui, in particolare. Sempre a galleggiare tra le linee, che può essere un vantaggio, ma anche un handicap, soprattutto se la squadra non lo cerca con insistenze e lui gira quasi a vuoto. Razionalizzare la corsa per non andare a pestare i piedi con i costruttori di gioco che partono dal basso. Ogni riferimento a Nicolussi Caviglia non è a caso. Questione anche di automatismi che con il giovane regista devono ancora essere trovati. Ma di corsa. Lo scrive La Nazione.