
Il rigore calciato con un pallone dal peso specifico più alto del piombo, senza scomodare la tavola degli elementi. E trasformato con una sicurezza e determinazione che evidentemente non gli fanno difetto. Poi l’esultanza un po’ diversa (eufemismo) del suo collega Jovic. Arthur Cabral sta piano piano ritagliandosi uno spazio in questa Fiorentina dopo l’ormai noto periodo di adattamento al cambio radicale a cui è andato incontro passando a stagione in corso dal più ’comodo’ torneo svizzero a quello più ruvido che si gioca da queste parti. Lui, King Arturo, ha capito. Si è messo sotto, a testa bassa, lavorando giorno dopo giorno senza la presunzione che il fardello di gol poteva portare ad avere. Capire la lingua, interpretare le nuove direttive e idee di gioco viola, mettersi a disposizione con umiltà per imparare anche situazioni non propriamente familiari, dopo essere passati da una squadra che gioca per te – Basilea – e una che in questo momento fa più a giocare per tutti. Come la Fiorentina. Lui ce la mette sempre tutta, che giochi 4’, oppure parta titolare, magari entrando a partita in corso.
Stesso atteggiamento, stessa partecipazione alla gioia collettiva quando il suo ’antagonista’ di ruolo, ha segnato contro l’Inter (era in campo) e contro il Basaksehir (nel mucchio degli abbracci mentre faceva riscaldamento). Si potrebbe dire, ’ci mancherebbe altro non lo facesse’. Vero, ma ormai niente sorprende. Non c’erano comunque dubbi sullo spessore della persona Cabral, indipendentemente da quello che sa fare in campo. Soprattutto per questo Arturone, anche con i suoi limiti, è entrato nelle simpatie della tifoseria viola. Se poi iniziasse a segnare di più… lo scrive La Nazione.
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