Che la sindaca ha ereditato, sì, anche se poi le promesse alla fine erano le sue. Quindi, se ci troviamo a questo punto, le colpe di chi sono? Facile, basta sparare nel mucchio: ovunque si prenda, si colpisce nel giusto. Lasciando a parte le annose vicende Mercafir (non basterebbero dieci articoli per spiegarle), la nascita del nuovo Franchi ha trovato ostacoli, in ordine sparso, un po’ dappertutto. Nel mancato percorso condiviso tra Palazzo Vecchio e Fiorentina (e non stiamo qui a discutere di chi siano le responsabilità). Nel muro contro muro di chi voleva uno stadio fuori città (con un sindaco della Piana che ha approfittato della situazione per avere vantaggi) e di quella parte di fiorentinità che invece a tutti i costi voleva mantenere il Franchi così come stava. In un progettista che ha presentato disegni che non sarebbero mai potuti essere accettati e in una soprintendenza che non li avrebbe mai accettati nemmeno se fossero stati perfetti in ogni minimo particolare. In una politica che diceva «niente soldi pubblici per lo stadio» quando dall’altra parte il mantra era «per lo stadio nemmeno un penny». Oggi, anche se dopo un lodevole ravvedimento collettivo, il povero Franchi sconta la disputa sul chi gioca dove (emigreremo per un periodo in modo da accelerare i lavori a stadio vuoto, anzi no da Firenze non ci muoviamo, magari al Padovani, mai al Padovani). Insomma, per colpa di tutti. A questo punto, con uno stadio sventrato, servirà buon senso da ogni parte per arrivare al risultato. In questa situazione ci si sono infilati tutti insieme, tutti insieme si ragioni su come venirne fuori. Lo scrive il Corriere Fiorentino.
