Normale che, quando scotta, la palla vada al più forte: è sempre così, dal giardino dopo-scuola ai campi dei professionisti, fino ad arrivare alle serate europee. È stato così anche ieri sera: nel catino bagnato del Franchi, Albert Gudmundsson è stato il faro in mezzo alla tempesta, forse per la prima volta da quando veste in viola, trascinante per tutti. Per i compagni, che si sono appesi alle sue giocate sin dal minuto uno, per l’ambiente, riacceso grazie anche alla sua prestazione. La partita del dieci dura un’ora ma è piena zeppa di cose: qualità, e non potrebbe essere altrimenti, ma anche quantità, con pressing intenso e un paio di recuperi difensivi profondi che hanno esaltato il Franchi. Poi, ha fatto soprattutto quello per cui è stato voluto: un gol con un mancino aggiustato dalla deviazione di Arao, un paio di palloni illuminanti, con uno ha mandato in porta Kean nel recupero del primo tempo, ma anche lavoro di prima costruzione dell’azione. Fa la seconda punta solo sulla carta, per il resto svaria dove vuole e lo troviamo spesso nel ruolo da mezzala. Lo scrive il Corriere dello Sport.