
Re Artù c’è. E la mette dentro. Subito. A freddo. Da bomber spietato, come ormai sembra essere diventato, da quando gli si è accesa la luce di prendersi il primo pallone a disposizione e di buttarlo nella porta avversaria. Già, Cabral. Arrivato a quota sette gol nel cammino europeo iniziato con i preliminari della Fiorentina, nella Conference che adesso è una coppa da provare a prendere. E portare a casa. Re Artù, a Poznan è stato lucido e cattivo nello spezzare la partita. Tre minuti di gioco, appena tre minuti, e aveva già in mano il pallone da riportare sul cerchio di centrocampo con un sorriso profumato di festa. Lucido e lesto, appostato a raccogliere quel flipper fra il palo (colpito da Nico) e la schiena del portiere Bednarek. Roba alla Pippo Inzaghi o magari alla Luca Toni.
Roba, insomma, che profuma di centravanti che – finalmente – ha trovato la condizione e le motivazioni giueste per fare la voce grossa sempre. In ogni situazione. Ma la serata di Cabral, a parte la correzione dell’ accredito dei gol a suo favore, è stata segnata anche dalla sua generosità. Re Artù ha spinto come un dannato, ha saputo tenere alta la squadra, ha in qualche modo, creato spazi preziosi, ora a Nico, ora a Mandragora, ma anche a Brekalo e Ikonè. Movimenti sempre mirati, sicuramente costruiti inn allenamento sotto la bacchetta da direttore d’orchestra di Italiano. Ha anche fallito un’occasione, ghiotta, molto ghiotta, ma non si è fatto prendere dalla disperazione. Macchè. Ha sbagliato, ma si è rialzato e ha strizzato l’occhio ai compagni, quasi a voler dire loro: mi dispiace, ma capita. Ciò che conta, ormai, è altro. E’ aver capito che Re Artù c’è. E la Fiorentina corre con lui. Lo scrive La Nazione.