Alla base del funzionamento di ogni impresa intenzionata ad espandersi c’è la necessità di fare investimenti, e nel caso in cui essa non disponga di capitale proprio sarà indispensabile reperirlo per vie alternative. Nel caso di una società operante nel mondo del calcio il riferimento a soluzioni alternative è fin troppo esplicito e chiama in causa l’urgenza di cedere al fine di monetizzare.
Per quanto riguarda i Della Valle sarebbe fin troppo azzardato, se non addirittura presuntuoso ed offensivo, mettere in dubbio le qualità imprenditoriali di una famiglia che, ormai da decenni, ha esportato un prodotto di qualità in quasi tutti i mercati del pianeta. Tuttavia, quando si parla di calcio (e inevitabilmente dei sentimenti e delle emozioni da esso generate), ci sono cose che si posso fare ed altre che non si possono fare e, allo stesso modo, ci sono cessioni che si possono portare a termine ed altre che proprio non possono essere concluse.
Una di queste è quella di Borja Valero, per una serie di ragioni che cercheremo brevemente di riassumere. La prima è di ordine strettamente economico in quanto, sebbene i 2 milioni di euro annui che la società gigliata dovrebbe continuare a corrispondere al giocatore per altre due stagioni possa essere considerata eccessiva vista la sua non più giovane età, la cifra messa sul piatto dall’Inter non sembra affatto corrispondere (neanche lontanamente) al reale valore del centrocampista. I nerazzurri infatti non sembrano disposti a soddisfare la richiesta di 7 milioni di euro, comunque insufficienti se si pensa alle effettive qualità dello spagnolo, avanzata dalla Fiorentina e, a queste condizioni, “regalare” Borja Valero alla modica cifra di 5/6 milioni di euro certo non gioverebbe sensibilmente alle casse viola.
Il secondo aspetto da tenere in considerazione è di natura tecnica. Privarsi di un metronomo di centrocampo che, in un’aria di rivoluzione come quella che si respira in queste settimane dalle parti di Firenze e che (forse) potrebbe portare anche Baldelj (e Vecino?) lontano dal capoluogo toscano, risulterebbe determinante, sia a livello tecnico-tattico che umano, nel processo di ricostruzione già avviato da Pioli costituirebbe un enorme danno tecnico. Tutto ciò senza considerare che l’età e la condizione fisica gli consentirebbero di giocare ad altri livelli ancora per un altro paio di stagioni.
L’ultima motivazione che, inevitabilmente, non può essere trascurata è quella che fa riferimento al legame affettivo esistente tra quello che dovrebbe essere (nelle più rosee prospettive) il nuovo capitano della Viola e la città di Firenze. Un amore puro e sincero fatto di dichiarazioni pubbliche ma anche di gesti che, nella loro semplicità, testimoniano il valore e la natura di un uomo che ha significato tanto (e potrebbe continuare a significare tanto) per la Fiorentina e per i suoi tifosi.
Gianmarco Biagioni