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Babacar si racconta: “La Fiorentina era casa mia ma lo stress mi ha divorato. Mutu e Salah due campioni”

Rassegna Stampa

Babacar si racconta: “La Fiorentina era casa mia ma lo stress mi ha divorato. Mutu e Salah due campioni”

Redazione

19 Maggio · 13:13

Aggiornamento: 19 Maggio 2025 · 13:13

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L'ex attaccante della Fiorentina, Khouma El Babacar ha rilasciato un'intervista alla Gazzetta dello Sport parlando del suo passato in viola.

L’ex attaccante della Fiorentina Khouma El Babacar, oggi in forza al Boluspor nella Super Lig turca, si è raccontato in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport, soffermandosi in particolare sugli anni trascorsi in maglia viola, queste le sue parole:

Mi ricordo benissimo la frase di Prandelli: ‘Babacar è un talento dalle prospettive illimitate’. Una frase che all’inizio mi fece piacere, quasi come se venisse da un padre. Ma col tempo è diventata un fardello – ha raccontato il senegalese – A Firenze vivevo uno stress enorme. Da fuori non si vedeva, ma chi stava con me nello spogliatoio lo notava. Ero giovane, venivo dal nulla, l’ansia mi divorava”.

Avrei potuto fare di più. Se fossi sceso in campo più sereno, se avessi sentito maggiore fiducia intorno a me, ce l’avrei fatta. Ma amavo così tanto Firenze e la Fiorentina che sentivo il dovere di non sbagliare, più di chiunque altro. A casa tua vuoi dare tutto e non ricevere critiche, ma il calcio non aspetta: o prendi il treno, oppure…

Nonostante le difficoltà, Babacar ricorda con affetto i suoi compagni e l’ambiente viola:

Ci sono anche ricordi bellissimi. Ho giocato con grandi campioni, come Adrian Mutu, ma il più sorprendente fu Salah: arrivò nel silenzio e fece subito la differenza. Nessuno si aspettava un impatto del genere, e in Italia non è facile per chi debutta”.

C’era sempre allegria. Astori, Ljajic, Vargas, Gilardino… uno più simpatico dell’altro. Vargas era il re degli scherzi: ti nascondeva le scarpe e ti toccava tornare a casa in ciabatte. Una volta gli dissi di smetterla e lui si arrabbiò di brutto. In Brasile finimmo per fare una specie di lotta: lui era potente, io più tecnico. Provava a buttarmi giù ma non ci riusciva, ridevano tutti. Alla fine ho mollato per evitare che degenerasse: era buonissimo, ma con una forza tale da poterti spezzare in due”.

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