Unico 10, Unico punto e basta. Si dice che con il tempo anche le bandiere sgualciscono, che il bagliore prima o poi svanisce, come tutto nella vita. Ma per Firenze, Giancarlo Antognoni è luce viola che non tramonta mai, scorre nelle vene di ogni tifoso, incarna la storia della Fiorentina. Con Firenze una storia d’amore senza precedenti, nata con un colpo di fulmine e capace di sconfiggere il tempo. E così quella luce brilla da oltre mezzo secolo, va ben oltre il campo, attraversa anche le burrasche societarie, è più forte di tutto, vale come uno scudetto. Anzi di più. Perché il legame tra Antognoni e Firenze resiste anche al tempo, è eterno. E irripetibile. Ecco le sue parole a La Nazione.
A La Nazione Vittorio Cecchi Gori ha detto che tornerebbe volentieri a Firenze per dare una mano, ma solo con lei al suo fianco…
“Vittorio è un passionale, fin troppo generoso e innamorato di Firenze. Lo ha dimostrato più con i fatti che con le parole. Ha sempre cercato di fare una squadra competitiva senza guardare i bilanci. A un certo punto diede potere a degli amici che piano piano lo hanno portato in una situazione negativa. Mi dimisi per prendere le difese di Terim e non ci lasciammo bene. Ma alla lunga ha apprezzato la mia scelta, ora abbiamo un ottimo rapporto”.
Cosa non va nella Fiorentina di oggi?
“Non vedo fiorentinità: lo ha detto anche Vittorio. E questo incide a livello societario. Alla squadra manca tranquillità, la piazza è esigente ma non fa mancare il suo sostegno. Ormai il singolo non vince più da solo, serve il gruppo. Un tempo si andava a cena tutti insieme, oggi mi sembra che tra i giocatori ci sia meno contatto, l’era dei social ha cambiato anche le dinamiche di spogliatoio”.
Lo stadio è un cantiere: anche questo incide?
“Sì, è un fattore. Rifarlo nuovo sarebbe stato meglio, per i lavori al Franchi servirà tempo ma avremo comunque uno stadio all’altezza”.
Non c’era all’inaugurazione del Viola Park, la vedremo ai festeggiamenti per il centenario?
“Io festeggio con la gente, non con le proprietà. Sono sempre stato coerente con tutti: società e tifosi. In campo le giocate facili non mi piacevano, facevo sempre la scelta più azzardata, così anche fuori. E la mia dignità me la gioco con tutti. Con Commisso non ci siamo trovati, mi sono sentito degradato senza motivo”.
