Non più colonne portanti ma zavorre inattese: il paradosso viola di questa stagione passa tutto da David De Gea e Moise Kean, gli eroi di un anno fa (lautamente ricompensati in estate con rinnovi e ingaggi da top player: 3 milioni netti al portiere, 5 al centravanti) che oggi stanno contribuendo a trascinare la Fiorentina verso il basso. È da loro che parte il crollo di una squadra che, smarrita e fragile, sta ancora cercando un appiglio per risalire.
E fa impressione pensare che quelle certezze, appena dodici mesi fa, avessero costruito buona parte delle fortune della formazione allora guidata da Palladino. Vanoli lo ha ricordato con fermezza sabato a Reggio Emilia: questa rosa non è la stessa dell’anno scorso, specie perché in mezzo al campo non ci sono più Bove, Adli e Cataldi. Una puntualizzazione legittima, certo, che però non può nascondere l’evidenza: la Fiorentina, senza un portiere e un centravanti all’altezza, è una squadra tanto innocua quanto vulnerabile.
La situazione più preoccupante è senza dubbio quella di De Gea: le papere clamorose con il Sassuolo, sui gol di Volpato e Muharemovic, sono solo l’ultimo capitolo di una regressione difficile da spiegare. Già alla prima giornata lo spagnolo è stato tutt’altro che impeccabile sul gol di Luperto mente poi, a ruota, è arrivata la leggerezza sulla prima rete di Leao a San Siro seguita dall’uscita sbagliata che ha permesso a Colombo di pareggiare a Marassi contro il Genoa. Ma il dato che fotografa la crisi meglio di tutti gli altri è il coefficiente PSxG (il post-shot expected goals, un valore che considera solo quei tiri verso lo specchio della porta che vanno a segno): dopo 14 giornate, lo scorso anno De Gea era a +2,1 (ovvero aveva fatto molti più salvataggi) mentre oggi è precipitato a -2,3, terzultimo in A davanti solo a Montipò e Israel.
Non meno inquietante è la parabola discendente di Kean. Il vice-capocannoniere della passata stagione, capace di segnare un gol ogni 90′ alla stessa altezza del calendario (per 14 centri totali a metà dicembre 2024), oggi è fermo a due reti e a una media di un gol ogni 629′. Un abisso statistico che fa pendant con la sceneggiata del Mapei: il rigore reclamato a gran voce, la prestazione sparita e il forte scontro con Mandragora all’intervallo.
Segnali di un’involuzione non solo tecnica ma anche caratteriale. Eppure è da loro, da David e Moise, che la Fiorentina deve ripartire. Perché senza un De Gea capace di ritrovare sicurezza e senza un Kean in grado di tornare decisivo, ogni discorso di salvezza resterà pura illusione. Lo riporta La Nazione.
