Mario Gomez si è raccontato in una bellissima intervista a Ultimo Uomo, queste le sue parole sull’esperienza alla Fiorentina e sulla delusione per come è andata:
Era la metà di luglio del 2013. Mario Gomez veniva da quattro stagioni nel Bayern Monaco, aveva segnato 113 gol con la maglia del club bavarese, aveva da poco compiuto 28 anni. La Fiorentina l’aveva pagato oltre 15 milioni di euro e aveva deciso di presentarlo in grande stile. Le scene di quella giornata sembrano venire da un altro mondo. Il Franchi che trabocca di maglie viola, alcune già col numero 33 sulle spalle, le urla, donne che provano a baciarlo come un santo. «Non scorderò mai quel giorno e ho la pelle d’oca a ripensarci», mi dice Mario Gomez. È il miraggio che la Fiorentina possa davvero competere per lo Scudetto, che possa «giocarsela con Golia», come disse l’allora direttore tecnico viola, Edoardo Macia. Accanto a Gomez, quel giorno, Andrea Della Valle è emozionato e parla ai tifosi con il microfono: «Oggi entrando qui dentro ho sentito un’emozione incredibile. Vi meritate tutto questo. Vi dissi due mesi fa che il meglio doveva venire, ed avete visto cosa è accaduto».
«Anche noi ci credevamo», mi dice Mario Gomez parlando della squadra vera e propria, del clima che si respirava nello spogliatoio. «A dire la verità è il motivo per cui mi sono trasferito alla Fiorentina. L’ho detto molte volte: avevo un’offerta da una grande squadra in Spagna ma ho deciso di andare alla Fiorentina perché la famiglia Della Valle e Pradé, il direttore sportivo, mi hanno esposto il loro progetto su come arrivare davanti alla Juventus. Avevano un nuovo stadio in cantiere, una lista di nuovi acquisti… eravamo pronti ad andare all’attacco».
Abbiamo avuto un inizio fantastico. Io e Giuseppe nelle prime tre partite abbiamo fatto una cosa come sette, otto gol insieme [in realtà sono cinque, nda]. Poi, sfortunatamente, io mi sono fatto male, e quando sono tornato si è fatto male lui. E alla fine lui non è più tornato, perché il suo problema l’ha tenuto fuori per due anni e mezzo. È pazzesco, davvero pazzesco. Nessuno riusciva a capire cosa avessi. Ci ho messo sei mesi a recuperare per un problema per cui di solito ci vogliono sei settimane. È stato pazzesco: ho visitato una cosa come dieci dottori diversi e nessuno riusciva ad individuare il problema. Alla fine sono stati i dottori di Francesco Totti, a Roma, a scoprire cosa avessi. A quel punto ho iniziato la riabilitazione da zero».
«Ho avuto anche un sacco di problemi tra le varie riabilitazioni. Provavo dolore ma nessuno riusciva a capire quale fosse il problema. Alla fine hanno smesso di credere che fossi infortunato, persino l’allenatore aveva dei dubbi. Con Vincenzo [Montella] ho avuto una grande amicizia ma in quel momento ho iniziato a dubitare di lui perché non credeva davvero che fossi infortunato. E in questa piccola cosa potevi sentire che la fiducia si era incrinata».
«Mi fa ancora male pensare di non essere riuscito a dare alla Fiorentina ciò che avrei voluto, è l’unico club in cui non sono riuscito a mostrare il mio vero potenziale. Sono riuscito a recuperare solo quando mi ero già trasferito in un altro club, perché a quel punto non avevo più la pressione di tornare e ho potuto ricominciare da capo. Nella Fiorentina non ho avuto il tempo per farlo».
«Io e mia moglie abbiamo pianto nel nostro appartamento quando abbiamo lasciato Firenze. È stato un momento super intenso. Io ero infortunato, le aspettative erano alle stelle, la famiglia della Valle aveva investito un sacco di soldi su di me, e io non ero stato in grado di restituire niente. È stato doloroso per questo ma anche perché ho lasciato tanti amici lì… ce l’ho ancora».
Mario Gomez si riferisce a Giuseppe Rossi, ovviamente, ma anche alle «milioni di piccole situazioni» in cui Firenze gli ha mostrato affetto durante i momenti più bui. «Le persone sono sempre state incredibili con me. E questo è ciò che ha reso la mia esperienza così dolorosa: loro mi trasmettevano così tanta passione e io non potevo restituirgliela».
«Penso che oggi la Fiorentina abbia intrapreso un ottimo percorso, probabilmente ha le migliori strutture sportive in Europa, sta rinnovando lo stadio – il che era necessario per competere – e ha una buona squadra. Sono contento per loro… Le cose non sono andate come speravo ma almeno non li ho portati alla rovina». Perché pensi che avresti potuto portare la Fiorentina alla rovina? Gli chiedo. «Sono molto dispiaciuto per Firenze, per i tifosi, ma anche per la famiglia Della Valle, che hanno riposto così tante speranze in me senza che io sia riuscito ad essere all’altezza. Non avrò portato il club alla rovina ma di certo ho distrutto la loro speranza…».
Lo interrompo per dirgli che non è di certo colpa sua. Mi risponde: «Sì, gli infortuni fanno parte del calcio, purtroppo. Oggi sono seduto qui con te senza problemi, posso fare qualsiasi cosa, non ho dolore in nessuna parte del mio corpo: sono un uomo molto fortunato. Sono alto, sono forte. Ho giocato 18 anni e sono sano ma in quelle due stagioni non lo sono stato, e questo ancora mi fa male».
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