
Per qualcuno è una sottocoppa, la Fiorentina invece può lucidare lo sbarco in Conference League senza l’aria snob: il ritorno operaio in Europa è la sintesi di una stagione vissuta fra alti e bassi, ma sempre con un’ostinazione di fondo, quella di essere una squadra vera. Certo, senza scivoloni assurdi (fra gli ultimi quelli contro Salernitana e Samp) il valore della coppa sarebbe stato un altro, ma ha senso ora sottilizzare? Italiano e il gruppo squadra sono stati protagonisti nella parte medio alta della classifica, il club è tornato in Europa 5 anni dopo aver vissuto gli ultimi tre (compreso l’ultimo della precedente gestione) in pericolosa confidenza con la paura di retrocedere: dunque proprio non c’è paragone e sarebbe ingiusto ridimensionare i contorni di questo risultato.
E’ comunque finita ieri sera una stagione difficile da sintetizzare, un viaggio su e giù per il calcio, dal clamoroso crash con Gattuso al braccio di ferro con lo Spezia per consegnare la panchina a Italiano, che attraverso il lavoro sul campo è riuscito a ricomporre l’identità di un gruppo disperso; poi il mercato di gennaio ha aperto un’altra minirivoluzione (via il capocannoniere, dentro Cabral e Ikoné) che è stata gestita con la partecipazione di tutti, con qualche picco e qualche discesa clamorosa. Ma è il risultato finale quello che conta, la Fiorentina è in Europa dopo 5 anni e queste non sono opinioni, ma un fatto che resta sugli almanacchi. Lo scrive La Nazione.