Ivan Juric è il nuovo allenatore dell’Atalanta. La decisione definitiva, dopo una settimana di incontri e consultazioni con diversi tecnici, è stata presa pochi minuti fa lontano da occhi indiscreti (di certo non in sede a Zingonia e non nel quartier generale dei Percassi in via Paglia, in città) nel corso del summit definitivo tra Antonio e Luca Percassi e il co-proprietario Stephen Pagliuca, arrivato l’altro giorno da Boston per le decisioni definitive. Juric – che alla lunga è stato preferito a Raffaele Palladino e a Thiago Motta, appena risolte le pratiche burocratiche con il Southampton (la sua ultima panchina) firmerà un contratto biennale (fino al giugno 2027) a circa 2 milioni l’anno, con opzione sulla terza stagione a favore del club. Con lui arriveranno tre fedelissimi: il vice allenatore Mareco Paro, il collaboratore tecnico Stjepan Ostojic e il preparatore atletico Paolo Barbero.
Croato di Spalato, 49 anni, ex centrocampista, allenatore da 15 stagioni (9 in Serie A), Juric è considerato il primo dei figli calcistici di Gian Piero Gasperini – del quale è stato prima giocatore e poi assistente tecnico e viceallenatore, fino a prenderne il posto nel 2016 sulla panchina del Genoa (e quella scelta di Preziosi ha poi portato Gasperini all’Atalanta). La scelta della dirigenza bergamasca è nel solco della continuità. Dice che per il club la squadra è competitiva, quindi da cambiare il meno possibile. Quindi si continuerà con la difesa a tre, con l’aggressività e le marcature a uomo a tutto campo da proporre grazie a una preparazione fisica esasperata. Sul campo, però, è prevedibile un atteggiamento meno sbilanciato in avanti e teoricamente meno spettacolare delle stagioni con 100 gol segnati, anche se questo non significa meno efficace. Inevitabilmente, però, il confronto con Gasperini sarà quotidiano.
Tra tutti i candidati in lizza Juric – tre esoneri e due subentri al Genoa, poi cinque piazzamenti a centroclassifica con Verona e Torino, prima dell’ultima stagione – era il nome meno «spendibile» per Bergamo. Primo, non ha alcuna esperienza nelle coppe europee, e l’Atalanta giocherà in Champions League. Secondo, è reduce dalla peggior stagione della sua carriera: 8 gare in A con la Roma, (subentro ed esonero) e 14 partite in Premier con il Southampton (subentro e dimissioni con rescissione). Tutto con risultati desolanti: in totale (tutti i tornei) ha vinto appena 6 partite su 28.
Chiaro che la scelta della famiglia Percassi (e del d.s. Tony D’Amico, che con Juric ha già lavorato al Verona) andrà giudicata solo in base ai risultati del campo e – soprattutto – a tempo debito, non certo dopo una manciata di partite. Ma il rischio di iniziare la stagione in un ambiente segnato da un palpabile pessimismo è evidente: Juric, per il dopo Gasperini, era l’ultima scelta per l’immaginario dei bergamaschi. Ora sarà la società a doversi dimostrare più forte (e più mediatica) di sempre, per tutelarlo a dovere. Per esempio, anche mettendogli a disposizione una squadra di alto livello: chiaro che un mercato inadeguato (o anche solo sottotono) aumenterebbe il pessimismo. Ma, soprattutto, sarà l’intero ambiente a dover accettare, e rimandando i giudizi a tempo debito, una scelta di certo ponderata e fatta pensando all’interesse societario. Perché o i Percassi d’un tratto hanno perso la ragione, oppure hanno visto e valutato cose che noi oggi non vediamo e non sappiamo. Anche se, pur fatta da una dirigenza che negli ultimi 15 anni ha cambiato la storia del calcio a Bergamo, di partenza è legittimo considerare l’arrivo di Juric una scelta quantomeno rischiosa. Sia per il pericolo immediato di un calo di consenso tra i tifosi (e la sensibilità sul tema è molto marcata nel calcio), sia perché ripartire nel pessimismo sarà più faticoso. E, a gioco lungo, perdere l’Europa (in particolare in Champions) sarebbe un danno grave anche per un club economicamente solidissimo come l’Atalanta. Lo scrive Il Corriere di Bergamo