Questo il racconto di Gazzetta.it su Van Basten e la Fiorentina, un amore promesso, firmato ma mai…depositato
“Olanda, Amsterdam, stadio De Meer. Era di domenica, il 23 marzo del 1986. All’entrata principale del vecchio impianto campeggiava una scritta rossa – “ajax”, in minuscolo: gli olandesi rifuggono l’enfasi e si distinguono per la loro sobrietà – con un pallone quale puntino della lettera “j”. Si giocava Ajax-Groningen, quinta di ritorno dell’Eredivisie.

Confuso tra la folla dei ventimila, in un settore popolare del De Meer, l’uomo distolse i suoi pensieri dagli strappi blu del cielo, dall’esplosione di tulipani e da tutte le altre menate, per concentrarsi su ciò che stava succedendo in campo. Le squadre stavano facendo il loro ingresso e il primo della fila era un ragazzo alto, sottile come un giunco, con gambe armoniche e affusolate e un viso irregolare, che tra zigomi duri e bocca arricciata sembrava alla ricerca di un equilibrio.
Il ragazzo aveva legata al braccio la fascia da capitano e teneva per mano un bambino. Quando arrivò a centrocampo, fece un paio di palleggi con un pallone bianco, poi scorse uno striscione che recitava: “Alè Marco”.
L’Ajax vinse 1-0. Il ragazzo fece meraviglie, sembrava danzare, era allo stesso tempo leggero e potente: a ogni suo scatto, in tribuna si davano di gomito soddisfatti. Quel giorno il suo destino prese la più insospettabile delle strade. Si chiamava Marco van Basten, aveva 21 anni e mezzo: aveva debuttato quattro anni prima, entrando in campo in un ideale passaggio di consegne tra fuoriclasse al posto di una leggenda, Johan Cruijff, ovvero il padre del bambino-mascotte, Jordi Cruijff.
L’uomo seduto al De Meer si chiamava invece Claudio Nassi, era un direttore sportivo, lavorava per la Fiorentina, club che all’epoca era di proprietà – ma ancora per poco – del conte Ranieri Pontello. Qualche settimana prima Nassi aveva consumato la vista a forza di guardare e riguardare una cassetta Vhs che declinava come una promessa di felicità i gol di Van Basten. Poi aveva prenotato il primo volo per Amsterdam. A fargli avere il Vhs era stato Apollonius Konijnenburg, un uomo d’affari titolare dell’agenzia Interpro, i cui soci erano l’ex campione dell’Ajax Piet Keizer e il ricchissimo Cor Coster, il “Re dei diamanti” e suocero di Johan Cruijff. Nel 1983 Konijnenburg aveva gestito il passaggio del centravanti Wim Kieft dall’Ajax al Pisa di Romeo Anconetani. Ora l’operazione si poteva ripetere con Van Basten.

Quella sera, in un albergo cittadino, Nassi incontrò tutta la banda per chiudere il trasferimento alla Fiorentina. A un certo punto, nel salone fece la sua comparsa anche Van Basten, accompagnato dalla fidanzata Liesbeth, detta Lilith, che di lì a poco sarebbe diventata la moglie. Erano giovani, bellissimi, timidamente sfacciati. Chiesero di Firenze, Marco conosceva bene l’Italia, ci era stato più volte in vacanza con la famiglia, d’estate, soprattutto a Peschiera, sul Lago di Garda. Una volta, durante una gita a Verona, si era pure perso e aveva camminato per ore tra le piazze della città, cercando di ricordare dove papà Joop aveva parcheggiato la Giulietta prima di recarsi all’Arena.
Quella sera del marzo 1986 l’accordo fu presto trovato, erano tutti navigati uomini di mondo. Van Basten si era appena svincolato dall’Ajax, il suo cartellino era di proprietà dell’Interpro. La Fiorentina avrebbe sborsato sei miliardi di lire, pagabili in tre anni. E un ingaggio da 600 milioni di lire per Marco, più casa e macchina a disposizione. A margine, come da preliminare del contratto, c’erano anche un miliardo e 600 milioni di lire che spettavano sempre a Interpro.
Era la commissione sull’acquisto di Kieft. Tre anni prima, infatti, Anconetani aveva pagato l’Ajax, senza elargire alcun compenso ai tre olandesi che ne curavano gli interessi: Konijnenburg, Keizer e Coster. Ora era arrivato il momento di saldare i conti in sospeso. Anconetani si era molto lamentato (avrebbe perso l’olandese), ma non c’era stato niente da fare. Kieft entrava a pieno titolo nell’operazione che stava per portare Van Basten alla Fiorentina. Nassi aveva già immaginato un reparto d’attacco così composto: Van Basten e l’argentino Ramon Diaz titolari, Kieft di supporto. E no, l’idea non era davvero niente male. Però a Firenze erano tempi cupi, Pontello stava passando la mano. L’affare sfumò.

L’anno successivo la Fiorentina acquistò dal Pescara il capocannoniere della Serie B Stefano Rebonato, Van Basten finì al Milan, a scadenza di contratto, per un miliardo e 750 milioni, e l’Ajax promosse titolare un diciottenne di talento cristallino, Dennis Bergkamp. In quei giorni Johan Cruijff sentenziò: “Il Milan ha comprato il centravanti più forte del mondo”. Il contratto in cui Van Basten firmava per la Fiorentina oggi è incorniciato alla parete del salotto di casa Nassi e se ne sta lì, appeso come un rimpianto.
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