Dall’Udinese, all’Udinese. Dall’ultima giornata dello scorso campionato, alla sedicesima di questo inquietante 2025-26. Ci sono voluti 210 giorni alla Fiorentina per tornare a vincere una partita di serie A e non serve aggiungere altro per capire quanto sia profonda la fossa che si è scavata questa squadra.
Se non altro però, i primi tre passi (punti) son stato mossi e la speranza, ma sarebbe meglio parlare di obbligo, è che siano i primi di una lunga serie. Perché sia chiaro: salvarsi resta un’impresa e serviranno tante altre conferme per azzardarsi a parlare di svolta o nuovo inizio e per riportare Firenze dalla propria parte. Non si può infatti non partire da lì. Dalla pesante contestazione andata in scena prima della gara (il pullman della Fiorentina è stato accolto dal lancio di petardi e insulti) mentre la Curva Fiesole/Ferrovia, come previsto, è rimasta in sciopero per i primi 20’. Giocatori, società e proprietà. Adesso, nel mirino, ci sono tutti. «E Commisso dov’è…?», il coro che chiama in causa, mai successo, il presidente in prima persona. Con la fortissima impressione che sia qualcosa di molto simile ad una rottura definitiva.
Poi, la partita. E il tanto atteso cambio di modulo. Certo, a bocce ferme era dura immaginarlo. Vanoli infatti è ripartito da una specie di 4-3-3/4-5-1, con Dodò e Ranieri (declassato a vice capitano in favore di De Gea) esterni bassi (Comuzzo e Pongracic i centrali) e, davanti a loro, Parisi e Gudmundsson. Una scelta a dir poco particolare, soprattutto per l’ex Empoli: sul suo lato debole, e in una posizione mai vista prima. In mezzo invece, Mandragora e Ndour ai lati di Fagioli.
Una formazione priva di attaccanti esterni, anche nell’interpretazione. Perché il 10, dopo un anno e mezzo, ha fatto finalmente quello che sa fare meglio: il jolly. Libero di muoversi a sentimento, e di inventare calcio dove e come meglio credeva e sentiva. E così, come per magia, si è mostrato in tutto il suo repertorio. Certo, lui come tutta la Fiorentina è stato aiutato da una strada che si è fatta immediatamente in discesa. Nemmeno 10’ infatti, e l’Udinese si è ritrovata in dieci per l’espulsione di Okoye.
La partita, è praticamente finita lì. Merito (anche) dei viola però, capaci una volta tanto di sfruttare il vento improvvisamente a favore grazie al solito gol di Mandragora. Un gol arrivato proprio mentre la curva faceva il suo ingresso in scena: bengala in campo, botti, col resto dello stadio infastidito (dalla tribuna è volato anche qualche fischio) e forse spaventata dalla prospettiva che il match potesse essere interrotto. E invece no. Perché una volta spedito il messaggio (chiamiamola pure minaccia visto il coro «se andiamo in B vi facciamo un c… così») la contestazione si è momentaneamente placata. E poi, di nuovo, Gud. Una perla, il 2-0. Finta di corpo, e sinistro all’incrocio.
All’improvviso, un po’ di calcio. Come in occasione del 3-0 di Ndour. Due o tre passaggi, cross di prima in area, e via. Roba mai vista, in questo triste avvio di stagione. Come se la squadra si fosse sentita per la prima volta leggera. A quel punto, non restava che portare in porto la barca. Magari, riportando al gol anche Kean. Detto, e fatto. Una doppietta, intervallata dal 4-1 di Solet, buona per sbloccarsi e per lui, come per tutti, per passare un Natale comunque triste, e da ultimi in classifica (il ritiro a proposito è stato interrotto), ma con un minimo di speranza nel cuore. Lo riporta il Corriere Fiorentino.
