“Gli avvoltoi? Credo che ognuno abbia i suoi», Mario Cognigni sorride dopo una breve pausa. Il proponimento si legge nello sguardo: sorvolare. Ma chi sono?
«Gli avvoltoi sono quelli che non ti vogliono bene per intenzione. A prescindere. Sono quelli che è tutto sbagliato e sempre da rifare. Insomma, chi cerca uno spiffero per trasformarlo in tempesta. Troviamo l’entusiasmo, piuttosto, questa squadra è piena di energia e ne ha bisogno”.
Ci sono gli avvoltoi ma anche l’uomo nero: è lei?
“Io sono abituato a lavorare duro. Dietro le quinte. Il mio mestiere è quello di decidere e di fornire indicazioni: lo faccio, assumendomi le responsabilità ma anche dando piena fiducia e autonomia ai collaboratori. Credo sia importante far crescere il gruppo, senza cedere al protagonismo. Evitando di accentrare il potere su un’unica figura. Il mondo del calcio è pieno di personalismi ma credo che questo sia anche un suo limite, soprattutto quando l’obiettivo è il gioco di squadra. In un’orchestra il direttore dà le spalle al pubblico ma è lui che riesce a far decollare l’armonia, accordando tutti i suoni. Evidentemente la gratitudine è un sentimento in estinzione. E forse chi non vuol vedere, nella penombra preferisce non distinguere i profili”.
Allora accendiamo la luce: la Fiorentina è in vendita?
“Se un imprenditore serio arriva in una città, fa rinascere e poi crescere la squadra investendo e continuando a investire soldi per quindici anni, mettendoci 300 milioni guadagnati faticando, ma non trova traccia di riconoscenza, cosa deve fare? I soldi sono suoi. E guardi che il mercato internazionale non regala niente a nessuno”.
Al nuovo stadio stiamo lavorando con serietà. Siamo in attesa di certezze, aspettiamo i permessi. Stiamo lavorando anche alla ricerca di un grande spazio che possa accogliere il nuovo centro sportivo giovanile per far crescere talenti. Andremo avanti con nuove iniziative e collaborazioni con istituzioni, eccellenze della città. Esserci vuol dire metterci il cuore e i soldi, crederci, sentire la maglia viola cucita addosso come una seconda pelle”.
La Nazione