
«Il nostro voleva essere un segnale forte a Firenze e all’Italia intera. Volevamo precorrere i tempi e rappresentare un modello di stadio aperto». Gian Luca Baiesi, per 7 anni Direttore Operativo della Fiorentina dei Della Valle, fu il responsabile del restyling della tribuna senza barriere del Franchi: «Facemmo studi sociologici e capimmo che abbattere barriere significava avere maggior sicurezza perché il concetto di gabbia per i tifosi ospiti porta solo all’inasprimento e all’odio. All’epoca era un progetto zero, poi ripreso da città come Bergamo e Udine. Fu un fiore all’occhiello».
Le recenti cronache parlano di tanti, troppi, episodi di intolleranza al Franchi, secondo lei perché?
«Sono passati dieci anni da quando lanciammo le maglie con scritto “il calcio è un divertimento” e l’idea dello stadio senza barriere, ma è come se ne fossero passati cento. Nel mezzo, tanto per citare l’esempio più eclatante, c’è stata la pandemia. La tendenza all’asocialità è un dato di fatto e lo stadio è lo specchio della società. Ai tempi nostri la situazione era più serena, anche perché Firenze non meritava e non merita l’etichetta di città intollerante».
Che ne pensa degli episodi avvenuti con Spalletti e sabato contro l’Inter?
«Certi comportamenti sono inaccettabili e vanno combattuti con forza. L’educazione e il rispetto però dovrebbero valere per chiunque: in un mondo ideale tifosi di squadre diverse dovrebbero poter guardare la partita insieme, ma allo stadio si deve andare anche cercando di evitare situazioni che possano suonare come una sfida all’altra tifoseria».
Avrebbe un consiglio da dare alla Fiorentina di oggi?
«Insistere sulla strada intrapresa, la tribuna senza barriere la rifarei cento volte. Costruire le gabbie divisorie nel nuovo Franchi sarebbe come tornare al Medioevo calcistico». Lo scrive il Corriere Fiorentino.
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