Dove eravamo rimasti? Un anno fa, di questi tempi, sicuramente ad un cielo senza nubi sopra il Viola Park. Oggi, dopo la sconfitta a Bergamo, le partite senza vittorie dei viola sono diventate tredici: nessuno, nell’era dei tre punti, è mai riuscito a salvarsi partendo da statistiche di questo tipo. Numeri che, peraltro, la Fiorentina condivide con il Verona, avversario al Franchi il prossimo 14 dicembre in un scontro che definire spartiacque sarebbe persino riduttivo.
L’incrocio di ieri con il grande ex Raffaele Palladino avrà sicuramente fatto vibrare le corde a chi, un anno fa, per seguire la posizione in classifica dei gigliati doveva cercare ben altri paralleli rispetto a quelli di una squadra ora penultima con 6 punti in 13 giornate, un desolante -11 di differenza reti e un ben più allarmante -5 dalla zona salvezza. Un anno fa, insomma, dove eravamo rimasti? Il 1 dicembre 2024 è una data scolpita nella storia non solo della Fiorentina, ma anche del calcio italiano, con la gara contro l’Inter poi interrotta per l’emergenza medica che riguardò Edoardo Bove.
Qui il calcio si intersecò con il dramma e poi la vita, ma guardando il mero campo — con il distacco e la distanza che solo il tempo sono in grado di offrire — l’abisso tra la Fiorentina che fu, e quella che è, appare fin troppo evidente. Dopo lo stesso numero di partite nel 2024-25 con Palladino in panchina i viola avevano abbandonato un inizio al rallentatore (7 punti nelle prime 6) con sette vittorie consecutive fino a raggiungere quota 28, gli stessi di Lazio, Inter e Atalanta e con un solo punto in meno rispetto alla capolista Napoli. Le nubi, oggi, sono terse e minacciose. Sono tanti i numeri che, comparati, rendono con disarmante chiarezza quanto sia cambiato il paradigma, quanto le certezze acquisite siano svanite nel nome di un calcio che punisce ogni errore, dentro e fuori dal rettangolo di gioco, e non concede di cullarsi su alcun traguardo (parziale) acquisito.
Nella tredicesima giornata dello scorso campionato i viola avevano trionfato per 2-0 sul campo del Como di Fabregas grazie alle reti di Adli e Kean: in quella formazione erano presenti dal primo minuto quattro undicesimi della formazione schierata ieri contro l’Atalanta, ovverosia De Gea, Dodò, Ranieri e Kean.
Quest’ultimo con il gol siglato al Sinigaglia era salito a quota 9 (1 rete ogni 111 minuti), mentre oggi è fermo a 2 (1 sigillo ogni 528 minuti). Prima del fischio d’inizio della gara con l’Inter, il 1 dicembre 2024, la Fiorentina poteva vantare 27 gol segnati (quarto miglior attacco) e appena 10 subiti (seconda miglior difesa alle spalle del solo Napoli) con un luccicante +17 di differenza reti, il secondo del torneo dopo l’Atalanta. Il presente non lascia spazio alle interpretazioni: la Fiorentina è il terzultimo attacco del campionato con appena 10 gol — uno solo in più dei 9 siglati da Kean nello stesso arco di partite lo scorso anno — e la penultima difesa della serie A con 21 (solo il Torino con 23 ha fatto registrare un dato peggiore). Tra le due versioni viola sono cambiati giocatori (contro il Como partirono titolari Cataldi, Adli, Bove, Beltran e Colpani, solo per citarne alcuni), ma anche allenatori (da Palladino a Pioli e Vanoli, passando per Galloppa) e anche parte della dirigenza, viste le dimissioni di Pradè. È cambiato il mondo, e il presente non ha mai fatto così paura. Lo riporta il Corriere Fiorentino.
