Numeri, fatti, eventi: questi sono. Non rimpianto nel ritrovarsi di fronte Palladino, che non può e non ci dev’essere dentro una squadra chiamata a trovare il modo di uscire da una crisi profonda, pesante, dannosa, anche se prima della partita ci saranno mani che si stringono, abbracci che si chiudono e sorrisi che si aprono, com’è inevitabile e giusto sia se sono state condivise emozioni e soddisfazioni. Poi, Palladino diventerà un ex e l’Atalanta l’avversario da battere. E quel che sarà, sarà, con un altro giro di destino. Lo scrive il Corriere dello Sport.
Un mese fa Palladino ad un passo dal prendere il posto di Pioli
Il destino come l’amore fa giri immensi e poi ritorna: oggi per la Fiorentina il giro si chiude e la rimette di fronte a Raffaele Palladino. L’allenatore poco amato a Firenze, sicuramente non tanto per i risultati ottenuti (65 punti e sesto posto, due record della gestione-Commisso), e poi per nulla quando la mattina del 28 maggio scorso ha chiamato il direttore generale Ferrari per comunicargli le dimissioni, appena tre settimane dopo il rinnovo in viola sottoscritto fino al 2027, meno di ventiquattro ore dopo che l’imprenditore italo-americano l’aveva definito «come un figlio» parlando in collegamento telefonico dagli Stati Uniti. L’allenatore, che sempre nonostante per il dietro-front clamoroso appena raccontato, stava per sedersi nuovamente sulla panchina della Fiorentina nei giorni convulsi dell’esonero di Pioli e il sostituto non si trovava: l’avrebbero voluto la squadra e una bella fetta di tifosi, che nel deserto di prestazioni e di risultati di Ranieri e compagni se lo dicevano in un passa parola montante di ora in ora fino all’annuncio di Vanoli: «Oh, male male Palladino non era». Invece, se lo ritrovano a Bergamo, da avversario, uno di qua e l’altra di là: e di là non c’è nemmeno il motivo per cui Palla se n’è andato.
Uno dei motivi, perché non poteva e non può essere quello e basta, cioè le incomprensioni diventate incompatibilità tra il tecnico campano e il direttore sportivo Pradè: pure il dirigente romano ha fatto le valigie e salutato tutti durante la burrasca-Pioli. Ecco qui il destino che fa giri immensi, torna, e tac, ti ripresenta Palladino davanti in una partita delicata che più non si può per la Fiorentina, e allora non c’è verso di non ripensare ai 65 punti, alle otto vittorie di fila, a Juventus (3-0 a Firenze), Inter (altro 3-0) e Milan, tutte e tre sconfitte nella stessa stagione almeno una volta tra andata e ritorno come appena altri sette allenatori sono riusciti a fare nella centenaria storia viola, ma anche a Roma (5-1 a Firenze), Lazio (superata sia al Franchi che all’Olimpico), Bologna e alla stessa Atalanta, alle critiche di chi diceva “eh ma l’unico schema è lancio lungo a Kean” che saper ripeterlo sarebbe cent’ori per questa Fiorentina, ricordando i 19 gol in campionato e i 25 totali del centravanti adesso fermo a quota due reti (Roma e Bologna), alla capacità di tirare fuori il meglio da ogni singolo calciatore tutti coinvolgendo e nessuno lasciando indietro (da qui la richiesta dello spogliatoio nelle ore successive all’esonero di Pioli).
