Servire bene non è certo il lancione “e ora ci pensa Moise”, tipo quello nel secondo tempo inoltrato con la Juventus, che ha costretto Kean a correre in direzione della Maratona con sei-sette giocatori avversari che lo inseguivano. È vero che lui se li sa trovare dà gli spazi, anzi per meglio dire se li crea, ma è fondamentale sostenerlo da vicino nell’azione, mettergli accanto il suggeritore e allora lo sviluppo perfetto è quello nell’occasione della traversa: Mandragora che lo innesca in verticale per l’uno contro uno verso la porta, Kean che salta il marcatore diretto, il tiro che non è gol per questioni dei soliti centimetri. La strada è quella. Mentre non è quella con Piccoli nella ricerca del compagno giusto. Niente contro l’ex Cagliari, ovviamente e ci mancherebbe, ma proprio i due insieme non stanno bene. Giocano slegati, si muovono per tempi e direzioni che spesso coincidono, non si cercano e non si trovano e non per cattiva volontà, ma solo perché hanno in mente lo stesso obiettivo e aspettano il supporto non l’uno dell’altro ma dei compagni per raggiungerlo. Se c’è da aumentare il peso specifico là davanti, nel caso ad esempio di una rimonta da fare, la coppia ci sta tutta (Dzeko compreso nelle rotazioni), altrimenti è meglio Kean lassù e un trequartista-rifinitore nel dialogo ravvicinato: quindi Gudmundsson, rimasto fuori dalle scelte di Vanoli almeno all’inizio contro la Juventus, si deve dare una mossa. Lo riporta il Corriere dello Sport.
