Sebastien Frey ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta Dello Sport: “Io non mollo, non l’ho mai fatto, neanche quando ho rischiato di morire per colpa di un virus nel 2019. Neanche quando Zalayeta mi disintegrò un ginocchio nel mio momento migliore. Io combatto pregando: il buddismo mi ha salvato. Quasi vent’anni fa, dopo l’infortunio peggiore mai avuto: 10 gennaio 2006, Juve-Fiorentina 4-1, un’entrata assurda di Zalayeta. Non si è mai scusato. E due anni dopo s’è infortunato anche lui. Karma. Il buddismo insegna anche questo. Baggio? Ero in ritiro a Folgaria e lo chiamai. Avevamo giocato insieme all’Inter nel 1998-99. Lui era già Roby, io un diciottenne dai capelli biondo platino che anni prima aveva detto no alla Juve. Gli chiesi come avesse fatto a uscire dall’incubo infortuni e mi parlò del buddismo. Una svolta. A casa ho creato uno spazio spirituale, un mini tempio tutto mio dove mi rifugio quando le cose vanno male.
Una malattia autoimmune. Tosse, raffreddore, febbre e la paralisi alle gambe. Scrissi un testamento in caso di morte. Per un mese non sono riuscito a camminare, poi il corpo ha creato degli anticorpi. È stato il periodo peggiore della mia vita. Chiuso in un ospedale in terapia intensiva, in un letto minuscolo. La famiglia e la fede mi hanno aiutato, come il destino: nel 2016 ho scampato l’attentato sulla Promenade des Anglais a Nizza per un ritardo del volo”.