Nel bunker di Milano, tra accuse pesantissime e verità scomode, Luca Lucci, ex leader della Curva Sud rossonera e volto simbolo del tifo più estremo, ha deciso di parlare. E lo ha fatto con dichiarazioni che scuotono non solo il mondo ultras, ma anche i piani alti di Casa Milan.
“Ho avuto rapporti anche da domiciliari con i dirigenti attuali del Milan, le chat sono sul mio telefono”, ha dichiarato davanti alla gup Rossana Mongiardo, nell’ambito del maxi-processo per associazione a delinquere che ha travolto le curve di San Siro. Una frase che pesa come un macigno, soprattutto alla luce del fatto che il Milan si è costituito parte civile, come se fosse estraneo a certi ambienti. Ma Lucci smonta questa narrazione con parole che bruciano:
“Il Milan lo sa benissimo di aver avuto rapporti con tutto il direttivo della curva. Io andavo a casa di Berlusconi, ho parlato di calcio e di mercato con lui. Ho avuto rapporti con tutti i presidenti del club”.
Non solo: secondo l’ex capo ultras, la gestione della sicurezza a Milanello era affidata direttamente alla curva, e quando i giocatori facevano le ore piccole in discoteca, “venivano riportati dentro a Milanello”. Una dichiarazione che delinea uno scenario inquietante: una curva che, più che controllata, controllava.
E ancora: “I segreti che sa la curva sul Milan…”, allude Lucci, lasciando intendere che il legame tra società e frange ultras sia stato, per anni, molto più profondo – e protetto – di quanto oggi si voglia far credere. Nel frattempo, il Milan si siede al banco delle “vittime”. Ma la domanda resta sospesa: com’è possibile che un club così vicino a certi ambienti ora finga di non sapere nulla?