Sono state aumentate dalla Corte di Appello di Torino le condanne per cinque esponenti della tifoseria organizzata della Juventus processati nell’inchiesta Last Banner, che partì dopo una denuncia presentata alla Digos dallo stesso club bianconero.
I giudici torinesi hanno portato la pena complessiva per Dino Mocciola a otto anni di carcere (a fronte dei quattro anni e dieci mesi inflitti in primo grado). Per Salvatore Cava, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo le condanne sono rispettivamente a quattro anni e sette mesi, quattro anni e sei mesi, quattro anni e tre mesi, tre anni e 11 mesi di reclusione.
«Questo risultato, cui si è giunti con un’azione congiunta della questura e della Juventus, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi. Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva».
È il primo commento di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come il legale di parte civile del processo d’appello Last Banner, terminato oggi a Torino con un aumento delle condanne inflitte dal tribunale ad alcuni ultrà bianconeri.
Chiappero aggiunge che la pronuncia dei giudici è anche «una vittoria della procura, che ha saputo mettere in evidenza le lacune della sentenza di primo grado». In aula l’accusa è stata sostenuta dalla pg Chiara Maina. Si è costituito parte civile anche Alberto Pairetto, lo Slo (supporter liason officer) della Juventus. L’indagine Last Banner è stata coordinata dalla Digos della Questura di Torino, guidata dal dirigente Carlo Ambra.
Lo riporta calcioefinanza
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