Sì, va bene, la Juve è sempre la Juve. Nessuno di noi (soprattutto se più anzianotti) può dimenticare lo scudetto del 1982, la finale di Coppa Uefa ad Avellino o la cessione di Baggio. Ma i ragazzi che vanno oggi allo stadio non erano neppure nati, hanno ereditato una rivalità che forse non era loro e non hanno vissuto in diretta quei momenti che ad altri sono rimasti impressi nella mente. La rivalità rimane, certo, ma oggi c’è da fare legna. Chissenefrega della Juve, la Fiorentina deve salvarsi.
E che si trovi davanti i bianconeri, il Milan, il Parma o il Verona non cambia niente. Continuare a fare i provinciali ci farà rimanere provinciali. E’ vero che il campanilismo è una delle componenti importanti dello sport. Ma oggi, nel calcio dell’omologazione globale, dei calciatori-robot, delle gare di campionato giocate in Australia, del monopolio Tv, dei profitti prima di tutto, delle interviste autoprodotte e della comunicazione via social, non rimane molto spazio per fare del sentimentalismo. Anche perchè ora c’è da pensare soprattutto alla salvezza. Lo scrive La Nazione.
