In questi mesi si è parlato molto delle difficoltà della Fiorentina e, tra le varie spiegazioni, un tema emerso è lo stadio. Lo hanno detto molti tifosi, lo hanno ribadito opinionisti e lo ha sottolineato anche la società, con Pradè in primis dopo la gara contro il Milan.
L’idea è chiara: giocare in un “mezzo Franchi”, in una struttura provvisoria e poco accogliente, avrebbe tolto certezze alla squadra, limitato il fattore campo e inciso sul rendimento.
Ma a questo punto una domanda è inevitabile: siamo davvero sicuri che lo stadio sposti così tanto?
Per rispondere basta guardare ai numeri della scorsa stagione: la Fiorentina ha avuto un rendimento interno eccellente, nonostante già fossero iniziati i lavori al Franchi. In 19 gare, la Fiorentina ha conquistato 12 vittorie, 4 pareggi e 3 sconfitte, battendo tutte le big tranne il Napoli (mai prima era successo che la squadra vincesse così tante partite in casa contro le grandi e, soprattutto, mai era riuscita a battere tutte e tre le grandi del Nord nello stesso campionato in casa) e risultando la quarta squadra per punti fatti in tutta la Serie A. Dati che raccontano un punto di forza, non certo un limite.
E se servisse un esempio ancora più significativo, ecco l’Atalanta. Ha giocato cinque anni tra lavori, cantieri, settori chiusi, capienza ridotta e spostamenti continui. Cinque anni in cui, teoricamente, il fattore campo avrebbe dovuto penalizzare fortemente la squadra.
E invece, proprio in quel periodo, l’Atalanta ha costruito il ciclo più straordinario della sua storia recente: tre qualificazioni in Champions League, una in Europa League, due finali di Coppa Italia e, soprattutto, una Europa League vinta.
Un percorso di crescita costante, arrivato nonostante, e non grazie, a uno stadio in perenne ricostruzione.
Tutto questo non significa negare che il Franchi attuale possa avere un suo peso.
Giocare in un impianto dimezzato, con settori transennati e condizioni poco dignitose, incide sicuramente sull’atmosfera, sull’entusiasmo, sull’impatto emotivo degli incontri. Un’influenza minima c’è e sarebbe negarlo sarebbe poco onesto.
Ma i numeri e gli esempi, soprattutto quelli recenti, dimostrano chiaramente che a determinare i risultati conta molto di più ciò che accade in campo, piuttosto che lo stadio in cui si gioca. Competenza, programmazione, qualità tecnica, idee e organizzazione: sono questi i fattori che determinano il rendimento di una squadra nel lungo periodo.
Lo stadio può aiutare o complicare, sì. Ma vincere, crescere e costruire un’identità dipende soprattutto dal resto, e la storia di Fiorentina e Atalanta lo dimostra chiaramente.
