Certo: l’ex Genoa è il miglior realizzatore al momento della squadra di Vanoli con 4 gol (2 in campionato su rigore contro il Bologna e proprio i rossoblù a cui bisogna aggiungere l’assist a Mandragora alla prima giornata a Cagliari, più 2 in Conference League contro Polissya e Rapid Vienna in entrambi i casi per il 3-0 finale), ma non è stato sufficiente per stabilire “Gudmundsson più altri dieci” nell’ipotesi di formazione, come invece le qualità, la visione di gioco per rifinire o finalizzare, la capacità di fare la differenza del centrocampista/attaccante classe 1997 potrebbero suggerire. Con Pioli ha saltato Napoli e Como per una caviglia in disordine, quindi è subentrato dalla panchina in tre delle sei occasioni successive iniziando e finendo solo quella con il Bologna. Fuori anche contro il Mainz, all’ultima in Conference, a causa del processo d’appello che lo vede coinvolto in Islanda (con sentenza attesa entro il 4 dicembre, sabato prossimo). Con Vanoli c’è stato a Marassi fino alla mezz’ora della ripresa, ma poi nella partita contro la Juventus che segnava davvero l’avvio del nuovo corso dell’allenatore varesino, questi gli ha preferito Piccoli, pur avendo svolto tutta la settimana di allenamenti di ritorno dall’Islanda con un attaccamento alla maglia (viola) e al gruppo che il suo fare distaccato e quasi glaciale non fa trasparire, ma che invece c’è ed è forte. Scelte fondate del tecnico, ovviamente, però in un appuntamento del genere che significava quello che significava e con la posta in palio così importante, ci si aspetterebbe sempre Gud in campo. Il vero Gud, almeno.
Invece, così non è stato: perché? Questione di posizione (ma nell’Islanda è protagonista giocando da centrocampista puro nei tre nel mezzo del 4-3-3 di Gunnlaugsson)? Troppo tempo che è a Firenze per non aver trovato ancora quella giusta, al di là dei compiti tattici assegnati dai vari allenatori che non potevano e non possono precludere la libertà d’azione a uno potenzialmente così decisivo. Mancanza di personalità? Da escludere per quello che ha fatto al Genoa, per quello che fa in nazionale e anche per quello che ha fatto intravedere in viola. Poca intesa con in campo con gli altri? Abbastanza improbabile per la conoscenza del gruppo a cui ormai appartiene da quindici mesi e per le affinità con i compagni, Kean in primis. Forse gli servono un po’ di fiducia a scatola chiusa e un po’ di partite in fila per prendersi finalmente la Fiorentina: ma tocca sempre e comunque a lui. Lo riporta il Corriere dello Sport.
