Sotto il diluvio e quasi affogata nelle sue incomprensibili paure, la Fiorentina si salva salendo sull’arca di Moise. Un grande gol di Kean consente ai viola di pareggiare il ritorno con il Celje e di approdare alle semifinali di Conference League. Come già accaduto all’andata, la squadra di Palladino ha mostrato troppe pause e una scarsissima personalità. Contro avversari davvero modesti, la gara e la qualificazione sembravano archiviati all’intervallo grazie al gol di Mandragora.
E invece la ripresa è stata un incubo: errori, distrazioni e incapacità di svolgere bene le due fasi. La prodezza individuale di Kean, bravissimo nel tiro a giro che ha risolto la questione, maschera lacune di origine tattica, tecnica e caratteriale. Contro il Betis, prossimo avversario, l’asticella si alza sensibilmente. Di sicuro quello che sta mostrando la squadra di Palladino in questo periodo non basterà per eliminare gli spagnoli. Serviranno un’intensità maggiore, una circolazione di palla più veloce, qualche idea migliore in fase di costruzione, ma soprattutto la capacità di leggere i momenti della partita e controllarla quando possibile.
La Fiorentina ne sembra incapace: non intuisce i rischi, non li previene e si lascia travolgere dagli episodi che ne intaccano il morale. Ritrovarsi in parità contro il Celje dopo 155 minuti (1 90 dell’andata e i primi 65 di ieri) non è giustificabile. Nel momento in cui si festeggia legittimamente un traguardo importante, va sottolineato che il lungo cammino europeo evidenzia la necessità di una crescita esponenziale se si vuole giocare la terza finale consecutiva in Conference. Lo scrive La Gazzetta dello Sport.