Niccolò, dodici anni a novembre, è di un indubitabile fede viola, ereditata dal babbo. Ma mercoledì sera, quando la finale della Conference è sfuggita a quel modo, con un gol al novantesimo, la sua fresca e genuina passione ha traballato. Sono scese ancora le lacrime, già versate quindici giorni fa a Roma all’Olimpico (dov’era in tribuna con la sua famiglia), ed è salita una rabbia così forte, figlia della delusione, da fargli buttare via i suoi vessilli viola. Con un calcio più preciso del tiro di Mandragora, è volato via il cuscino con il giglio su cui poggia sempre la testa sognando di diventare lui, un giorno, un calciatore.
E avrebbe strappato, se solo ne avesse avuto la forza, anche la sciarpa con cui ogni domenica, da abbonato, raggiunge il Franchi, quando per quella frittata la Fiorentina si è ritrovata sotto 2-1. «Ci credeva…», dice il babbo, alle prese con questo piccolo grande dramma. E ci è rimasto male: magari avrà pensato pure all’indomani a scuola, quando qualche compagno della prima media sarebbe stato pronto a rigirare il coltello nella piaga, o ai messaggi che gli stava già spedendo chi non ha il cuore viola come il suo.
Niccolò è il figlio di un amico ma è un po’ il figlio di tutti a Firenze. La sua serata da dimenticare è lo specchio in cui si riflette ogni tifoso dopo Praga ma anche l’amara sintesi di una generazione che ha gioito per la Fiorentina ancora meno di quanto abbiano fatto i loro padri. E’ anche la leva con la scorza meno dura, più esposta alla voglia di dire «basta, non tifo più» come la rabbia di un risultato dettava.
E i Niccolò viola ci hanno pensato davvero, a gettare nel cestino una passione che restituisce assai meno di quello che prende. Ma per Niccolò, e per tutti i delusi, abbiamo chiesto conforto a due bandiere della Fiorentina: Cesare Prandelli e Borja Valero, che non si sono tirati indietro dalla missione di rincuorare il tifoso affranto e i tanti altri, bastonati da una stagione che resterà negli annali come quella delle due finali perse.
«Quando uno è tifoso deve accettare anche i momenti difficili – dice il messaggio dell’allenatore che ha portato la Fiorentina in Champions – e quando vincerà sarai il bambino più felice del mondo. Devi avere fiducia perché la Fiorentina sarà una grande protagonista in campionato e non solo. E di quest’anno devi essere orgoglioso perché oltre a un bel campionato, abbiamo giocato due finali di Coppa».
Anche Borja Valero, detto il “sindaco“ per l’unanime consenso e il suo carisma, lo spagnolo che assieme alla moglie Rocio ha scelto Firenze anche dopo il calcio per far crescere i suoi figli, protagonista di una delle partite che resteranno nella storia viola, il 4-2 in rimonta con la Juventus, si rivolge direttamente a Niccolò: «Capisco che oggi non è la giornata più bella per dire che tifare Fiorentina è qualcosa di meraviglioso. Però secondo me lo è. Perché a Firenze le piccole gioie si vivono come i grandi trofei dalle altri parti. E poi sono convinto che prima o poi quel giorno arriverà e quel giorno piangerete di gioia. Quindi non mollare perché la Fiorentina ha bisogno anche di te e di tutti i fiorentini perché è una squadra speciale e ha una tifoseria meravigliosa».
Parole, recapitate in video, che hanno fatto subito presa. Forse, a 24 ore di distanza, quella beffa a una manciata di secondi dalla fine, è un po’ digerita. Lo sconforto è meno lancinante e magari c’è anche un po’ voglia di scherzarci, sui nostri maiunagioia. «Ho da patire tanto», dice la tshirt di un neonato sulle spalle del babbo diventata un meme virale. Niccolò, dodici anni a novembre, lo sa già. Lo scrive La Nazione
LE PAROLE DI IGOR DOPO LA DELUSIONE
Igor scrive: “Sono triste e deluso. Quando questo dolore passerà, mi rialzerò e tornerò più forte”