In fondo Prandelli l’aveva detto, alla vigilia, scrive oggi Repubblica. La priorità è quella di fare 40 punti, il prima possibile. Poteva sembrare troppo riduttivo, una stima al ribasso. Invece è tutto vero. La Fiorentina perde a Milano per 2-0, sprofonda in classifica, non trova la rete da 400 minuti, non vince da oltre un mese in campionato e vede tutte le altre squadre del torneo viaggiare alla ricerca di un obiettivo mostrando un’anima che ancora, ai viola, sta mancando. Nel giro di dieci minuti Romagnoli prima e Kessiè dopo chiudono una gara mai stata in discussione. Ci pensa Dragowski, intuendo la traiettoria di Kessiè, a negare la terza rete ai rossoneri con una chiara identità impostata da Pioli a prescidere dal fenomeno Ibrahimovic, ieri out per infortunio e seduto a bordo campo a spronare e richiamare i compagni con una semplice occhiata.
Certo nessuno avrebbe mai chiesto alla Fiorentina di sbancare San Siro, tanto meno in questo momento e in questa situazione. Il Milan primo in classifica è lontano anni luce. Ma certo, dopo la vittoria in Coppa Italia rimediata in settimana, era lecito attendersi qualche passo in avanti almeno dal punto di vista della personalità. Del carattere. Perché quella di Udine poteva essere la classica svolta della stagione, da sfruttare appieno. Invece sono arrivati l’errore grossolano di Pulgar sul primo gol, il rigore provocato da Pezzella e quello di Caceres (poi neutralizzato da Dragowski). Il palo di Vlahovic nel primo tempo, lo scavetto di Ribery e una conclusione di Pezzella sono le uniche note da riportare dalla trasferta di Milano.
Da quattro gare, in campionato, non arriva il guizzo giusto. Tra Ribery, Vlahovic, Cutrone e Kouame sono arrivati due gol. La metà di quelli messi a segno da Castrovilli, che pure è apparso sotto tono e che certo non è un bomber dichiarato. Prandelli, che ha mandato Montiel in tribuna, ha provato a ovviare a questa situazione col tridente composto da Callejon, Vlahovic e Ribery. Panchina anche per Borja Valero e Bonaventura, a vantaggio di Pulgar che sbaglia praticamente tutto. Il resto lo fanno una difesa in affanno e un centrocampo che proprio non riesce a ingranare. Il concetto di spirito di gruppo, che manca totalmente. O quasi. Il tecnico insiste molto su questo aspetto ma ci vorrà tempo. Perché identità, mentalità e coralità si ritrovano solo con affiatamento, condivisione di idee e progetti.
L’obiettivo indicato è la salvezza, un orizzonte che in questi casi può anche richiamare tutte le componenti del gruppo (proprietà, dirigenza, staff e giocatori) a stringersi e non smarrirsi chissà dove. Tutti compatti, c’è poco da scherzare. Non c’è tempo da perdere perché la classifica fa paura e il calendario anche. Lunedì prossimo la Fiorentina sfida il Genoa in un’autentica gara salvezza. Poi Atalanta, Sassuolo, Verona e Juventus prima di Natale. Tutte squadre che sanno benissimo dove vogliono andare, che hanno un’identità spiccata per merito dei loro allenatori. E di una programmazione radicata nel tempo. Ecco perché i 40 punti non sono una provocazione.
Moviola CorSport, male Abisso, il secondo rigore è inventato, Theo Hernandez si lascia cadere