È bastato un interruttore, un clic improvviso al 67′, per cambiare non solo la partita con la Dinamo Kiev ma, forse, l’intero orizzonte tattico della Fiorentina. Lì, in quel passaggio dal 3-5-2 al 4-4-1-1, Vanoli ha sdoganato una novità che è diventata subito argomento di discussione. E poco importa che l’allenatore, fedele alla sua linea, continui a ripetere che conta più la mentalità che il modulo: ciò che si è visto in Conference ha segnato una cesura netta col passato. Per la prima volta da mesi la Fiorentina ha dato infatti la sensazione di non essere imprigionata nel sistema che l’ha accompagnata con risultati spesso modesti.
La difesa a 4, accesa come una lampadina nel momento più delicato della gara (poco dopo l’1-1 ospite), ha cambiato volto alla squadra: chiusure più pulite, linee compatte, maggiore ampiezza e soprattutto una ritrovata capacità di mordere. Da quell’istante la Dinamo non ha più sfondato mentre i viola hanno iniziato a risalire il campo. Non è un caso se, pochi minuti dopo, Gudmundsson ha sfiorato il vantaggio, lo stesso islandese ha firmato il gol del 2-1 e Kean ha costretto Neshcheret a un super intervento. Il nuovo vestito, insomma, sembrava cucito su misura: semplice nei principi e persino adatto alle caratteristiche della rosa attuale.
Eppure, per rivederlo dal primo minuto, servirà pazienza. Vanoli considera imprescindibili due pedine per partire con il 4-4-1-1: l’infortunato Gosens (come terzino puro in un assetto a 4) e Kouame, che dopo 8 mesi di stop ha appena mezz’ora nelle gambe. E proprio l’ivoriano, utilizzato da esterno di centrocampo, è stato uno dei segnali più incoraggianti della serata europea. La sua mancata convocazione in Coppa d’Africa, peraltro, è una buona notizia, in attesa che il mercato completi il quadro con almeno un innesto offensivo di qualità. L’idea, insomma, è lì. Vanoli non lo dirà mai apertamente ma il 4-4-1-1 visto giovedì è una tentazione forte. Lo riporta La Nazione.
