Quando si è trasferito a Firenze da Catanzaro, nel 1986, Fulvio Cauteruccio tifava già Fiorentina, adorava Antognoni e, nei suoi sogni, il campo di calcio (sport che praticava con soddisfazione) si sovrapponeva al palcoscenico: l’urgenza era la stessa. Praticamente, un ultras: nel campionato 1981-82, quello in cui i viola contesero lo scudetto alla Juve fino all’ultimo respiro senza farcela, tanta fu la rabbia da fargli sferrare un calcione ad una sedia, «rimettendoci un alluce». Ne parla come di una medaglia, l’attore che dal 15 al 18 ottobre è al Teatro dell’Antella con Cuore, testo che il drammaturgo Sergio Casesi ha scritto per lui. Dove due amori — per il calcio e per la città d’adozione — si sublimano in uno spettacolo che omaggia Davide Astori senza (quasi) mai nominarlo. Cuore. Quello del capitano della Fiorentina, che ha smesso all’improvviso di battere. E quello che pompa e annacquato in uno sport dove si sono perse le tracce dell’urgenza, «di quell’epos di per sé teatralissimo: il calciatore è come l’eroe greco che sa vivere la sconfitta, che nello sconforto dell’errore sa accettare la pacca dell’avversario». Cuore non racconta le gesta di Astori (anche se non mancano i riferimenti) ma s’ispira al “messaggio” legato al capitano viola per entrare nel «senso profondo del calcio, metafora della fatica e della fragilità umana, della gioia e fallimento, della sconfitta e riconquista. Della vita» spiega Casesi.
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