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Ancora Cognigni: “Essere presenti non vuol dire timbrare il cartellino ma mettere i soldi. Cresceremo tanto”

Rassegna Stampa

Ancora Cognigni: “Essere presenti non vuol dire timbrare il cartellino ma mettere i soldi. Cresceremo tanto”

Redazione

23 Settembre · 11:42

Aggiornamento: 23 Settembre 2017 · 11:42

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Altre parole dell’intervista di Mario Cognigni alla Nazione

Se i Della Valle si sono stancati siamo alla fine. L’incertezza si mangia il futuro.
“Perché la vede così? Ci sono progetti che galoppano e la società sarà valorizzata”.

Sarete più presenti? 

Ciò che conta non è la presenza fisica, non è timbrare il cartellino: esserci vuol dire metterci il cuore e i soldi, crederci, sentire la maglia viola cucita addosso come una seconda pelle. Esserci significa affrontare i problemi e cercare di risolverli al meglio. Guardarsi in faccia e confrontarsi. Con coraggio, lealtà e con la grande forza della sincerità. Esserci vuol dire onorare Firenze e la sua squadra, portandola in alto. Sempre. Ogni anno, come è stato fatto, al meglio delle nostre possibilità e con il contributo significativo dei Della Valle”.

Siamo all’anno della rifondazione, azzerato il passato si ricomincia dalla linea verde. Dove potrà arrivare questa squadra?
“Lo vedremo, crescendo insieme. E per insieme intendo i giocatori, i tifosi, la città, la società e i media. Solo se stiamo uniti, lottando tutti per lo stesso obiettivo possiamo farcela».

Dunque?
“Mi piacerebbe che ci riuscissimo senza caricare l’ansia come zavorra, prendendoci il tempo per diventare squadra. Giocando con umiltà, divertendoci e facendo divertire credo si possa ambire all’Europa. Nulla è certo: è un assioma che vale per tutti. Nel calcio si fanno investimenti sul capitale umano: non esistono certezze assolute. Ma questo progetto non si esaurisce in una sola stagione, è iniziato un nuovo ciclo di cui raccoglieremo i frutti continuando a coltivarlo con passione”.

Quali sono i prossimi obiettivi?
“Continueremo a gestire la squadra al meglio. Con Pioli si è instaurato un grande feeling; l’obiettivo è di vedere belle partite, con un calcio veloce, muscolare, tecnico e di fantasia. Ma bisogna anche rendersi conto della realtà: il sistema calcio in Italia è fallito, se respira ancora è solo perché è attaccato alla macchina dei diritti televisivi. Entrambe le Leghe sono commissariate. Le difficoltà per l’assegnazione dei nuovi diritti televisivi evidenziano un disegno di fondo che tende a elargire molto di più alle squadre importanti, a quelle che parteciperanno alla Champions, riducendo il valore della competizione nazionale”.

C’è il rischio di restare strangolati?
“E’ un meccanismo perverso che genera disuguaglianze, chi ha un bacino medio viene risucchiato tra le piccole e non c’è scampo. Per uscire dal tritacarne servirebbe una proprietà che ogni anno fosse disposta a metterci dentro decine, centinaia di milioni, comunque rispettando i limiti del financial fair play. E non esiste, almeno in Italia, glielo assicuro”.

Giocando con umiltà, divertendoci e facendo divertire credo si possa ambire all’Europa. Questo progetto non si esaurisce in una sola stagione, è iniziato un nuovo ciclo. In regime di autofinanziamento il mercato non è l’unico capitolo di spesa, anche se è il più importante, insieme a quello degli ingaggi e alla gestione delle spese correnti. Essere i primi a partire con il financial fair play ci avrebbe dato un grande vantaggio nei confronti di chi non poteva spendere. Purtroppo non è andata bene: gli infortuni, il numero ridotto delle squadre che potevano partecipare alla Champions, ci hanno penalizzato. Resta il fatto che ci abbiamo provato.

Il nostro obiettivo è quello di vedere belle partite, con un calcio veloce, muscolare, tecnico e di fantasia. Ma bisogna anche rendersi conto della realtà: il sistema calcio in Italia è fallito, se respira ancora è solo perché è attaccato alla macchina dei diritti televisivi. Questo è un mondo governato dal Dio denaro. Ma la passione non si compra. E io credo che senza passione si rischi l’estinzione delle emozioni. Nulla di più pericoloso per il calcio. Credo che si debba salvare il calcio, ripartendo dai valori“.

 

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