ESTATE FIESOLANA
Teatro Romano di Fiesole, Lunedì 11 luglio
FEDERICO BUFFA: ITALIA MUNDIAL
pianoforte Alessandro Nidi, regia Marco Caronna
Il giornalista Federico Buffa, porta sul palco una delle sue storie più belle: Italia Mundial. Ben cinque calciatori della Fiorentina furono fra gli artefici di quello storico trionfo di Madrid: Antognoni, il ragazzo che giocava guardando le stelle. Giovanni Galli, allora terzo portiere pronto al grande salto. Pietro Wierchowod, roccioso skipper d’altri tempi. Francesco Graziani, uomo gol leale e generoso. Daniele Massaro, ala infaticabile e col vizio del gol.
Buffa è un formidabile storyteller, un narratore di storie che si diramano per mille rivoli. O meglio, i racconti di Buffa hanno una struttura ad albero: il tronco è il calcio, i rami sono le connessioni che via via prendono corpo attraverso associazioni, link, collegamenti, divagazioni. A differenza di alcuni giornalisti sportivi che in passato amavano esibire il loro sapere di fronte a una platea non particolarmente attrezzata, Buffa sa che cultura è innanzitutto fare bene le cose, coltivare i dettagli.
Federico Buffa, assieme al pianista Alessandro Nidi, porta sul palco una delle sue storie più belle: Italia Mundial. Il giornalista e volto noto di Sky racconta l’indimenticabile vittoria della Nazionale Azzurra ai mondiali di calcio che si tennero in Spagna nel 1982. L’Italia più amata di sempre vince il Mondiale più bello. I gol di Paolo Rossi, l’urlo di Marco Tardelli, le parate di Dino Zoff, la pipa di Enzo Bearzot, la notte magica del Bernabeu, le braccia al cielo del presidente della Repubblica Sandro Pertini rivivono nell’inconfondibile voce di Federico Buffa ma soprattutto quel patrimonio di aneddoti e “storie parallele” che rendono unici i monologhi di questo formidabile storyteller. È un viaggio che parte molto prima di quella notte immensa e indimenticabile, che sarà ripercorso sul palco accompagnato dalle immagini dei protagonisti che sono di fatto entrati nell’immaginario collettivo del nostro paese, e, va detto, a tutto diritto. È una Italia che sta diventando “qualcos’altro”, ma forse ancora non lo sa, o non sa cosa: e quella squadra, che era partita sotto il velo della critica di tutti soffocata dal primo grande scandalo del calcioscommesse, diventa il simbolo di una forza inaspettata, di una passione che sembra davvero poter guardare verso un orizzonte più lontano. Una trama che si ripeterà ventiquattro anni dopo, stesso scandalo, stessa critica diffidente, stessa coppa alzata al cielo, questa volta quello divenuto tutto blu sopra Berlino. La nazionale del 1982 è stata segnata soprattutto dal rapporto tra Paolo Rossi e Bearzot, da un allenatore che vede solo l’arte dei piedi di quel ragazzo, finito al centro di uno scandalo più grande di lui. Un attaccante che capisce un attimo prima di tutti dove andrà a finire il pallone e che sarà il fulcro di quella squadra: hai un anno per prepararti Paolo, poi ti porto con me in Spagna. E poi i silenzi di Zoff, l’amicizia con Scirea e quel bicchiere di vino punteggiato da una sigaretta, che hanno bevuto in solitaria non più come due giovani ragazzoni friulani, ma da campioni del mondo. O un giovanissimo Beppe Bergomi, che con quei baffoni dimostrava decisamente più dei suoi leggeri diciassette anni, che debutta in nazionale in sostituzione a un infortunato Collovati. E l’urlo, quello che come nessun altro ha una U maiuscola, grande come la potenza dell’immagine di una cavalcata liberatoria, che sembra far letteralmente volare Tardelli e l’Italia intera su quel campo e su quella storia. Ma non solo l’Italia, perché il mondiale porta con sé gli equilibri del macrocosmo ridotti e riflessi nel microcosmo dello sport, e attraverso quel caleidoscopio di racconti, personaggi, sportivi ma non solo, eventi entrati di fatto nei manuali di storia moderna, si aprono finestre sulla Polonia di Solidarnosc, sulla Spagna paese ospitante che tanto ha da ricostruire; o su episodi che tutto sono fuorché ordinari: quando mai è ricapitato di vedere uno sceicco irrompere in campo, dirigersi senza problema alcuno verso un ignaro arbitro russo e corromperlo durante una partita?
Una cavalcata incastonata di tante piccole gemme preziose, grazie alle quali riusciamo a ripercorrere anni che sapevano di fresca rinascita, imbevuti di un profondo desiderio di riscatto e di una irrefrenabile voglia di salirci su quel tetto del mondo, a discapito di tutto. “Buffa è un formidabile storyteller, un narratore di storie che si diramano per mille rivoli. O meglio, i racconti di Buffa hanno una struttura ad albero: il tronco è il calcio, i rami sono le connessioni che via via prendono corpo attraverso associazioni, link, collegamenti, divagazioni. A differenza di alcuni giornalisti sportivi che in passato amavano esibire il loro sapere di fronte a una platea non particolarmente attrezzata, Buffa sa che cultura è innanzitutto fare bene le cose, coltivare i dettagli (magari con alcuni vecchi LP)“. (Aldo Grasso).