Nelle pagine del Corriere dello Sport troviamo un pezzo di Alberto Polverosi: “Venerdì sera ho incontrato casualmente Pradè. Come si dice di questi tempi, era sotto a un treno. Si sarebbe dimesso questo pomeriggio, in caso di mancata vittoria della Fiorentina sul Lecce, magari insieme a Pioli. Poi ieri mattina sono apparsi altri striscioni di contestazione e Pradè non ce l’ha fatta ad arrivare a oggi. «Se sono io a portare l’energia negativa, meglio andarmene, per me ma soprattutto per la Fiorentina», questo il senso delle sue dimissioni. Le ragioni sono almeno quattro. La prima, la più importante: non riusciva più a sopportare la contestazione dei tifosi, iniziatasi la stagione scorsa perché, prima di una partita fondamentale di Conference contro il Betis Siviglia, aveva consigliato Commisso a prolungare il contratto di Palladino, inviso alla curva. Mossa sbagliata? Sbagliatissima, visto come l’ha risolta Palladino, definito un “figlio” dal presidente: dalla sera alla mattina, dopo aver preparato insieme ai dirigenti la lista dei giocatori da tenere e da cedere per la stagione seguente, ha fatto dietrofront e se n’è andato, incurante della figuraccia che avrebbero fatto Commisso e la Fiorentina.
Motivo? La contestazione e il pessimo rapporto con Pradè. Quindi, Pradè è stato contestato nonostante sia stato lui una delle cause delle dimissioni improvvise di Palladino. La contestazione non è terminata nemmeno dopo il mercato estivo quando, tranne una ridotta percentuale di tifosi, le operazioni della Fiorentina erano state accolte con il pollice in su.
La seconda ragione è professionale: si sentiva responsabile del disastro di questo campionato. La terza è dello stesso tipo: in tre mesi non è riuscito a capire cosa sia successo e stia succedendo nella squadra.La quarta, infine: in caso di mancata vittoria col Lecce, non voleva essere lui a decidere l’eventuale licenziamento di Pioli. Se fosse successo, si sarebbe dimesso un istante dopo. Ma non c’è arrivato.
Ora tutto passa in mano ad Alessandro Ferrari, direttore generale della Fiorentina, con la promozione di Goretti al posto di Pradè. Se oggi va male, l’onda (non di acqua pura) travolgerà tutto e tutti. Saranno giorni difficili a Firenze, dove Commisso non potrà tornare in tempi rapidi. Giorni in cui servono invece sangue freddo, nervi calmi e un’attenta riflessione. La società andrà ristrutturata. Serviranno nuove figure, un nuovo diesse ma forse anche un direttore tecnico e un personaggio capace di ricucire la rottura fra il club e la tifoseria o quanto meno di accorciare le distanze. Mercoledì sera, dopo la sconfitta con l’Inter, è arrivata la telefonata di Commisso. Non era arrabbiato, era affranto. Lo hanno riferito anche a Pioli. Gli errori ci sono stati, è evidente, ma ora non è il momento dell’assalto alla diligenza, la Fiorentina rischia davvero di finire in Serie B, se non vince oggi va giù nel baratro. Di sicuro la curva tiferà dall’inizio alla fine, non lascerà la squadra un solo istante e soltanto alla fine, davanti a una prestazione e un risultato di nuovo negativi, alzerà sentire la voce. Sono giorni in cui c’è il rischio di spaccare tutto. Sarà Commisso a decidere se andare avanti o cedere la società, ma di mezzo c’è la Fiorentina, c’è la classifica, c’è l’onta di una retrocessione nell’anno del centenario. La resa dei conti si farà alla fine, ora Firenze deve stare dalla parte della squadra”.
