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Non è mai stata una partita come le altre: Fiorentina-Juventus, una rivalità che nasce da lontano

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Non è mai stata una partita come le altre: Fiorentina-Juventus, una rivalità che nasce da lontano

Redazione

20 Novembre · 10:53

Aggiornamento: 20 Novembre 2025 · 10:53

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La partita che sabato metterà di fronte Fiorentina e Juventus non è mai una partita qualunque. È un derby dell’anima, una sfida che incendia la passione delle tifoserie e che, soprattutto per il popolo viola, rappresenta molto più di novanta minuti di calcio. Da sempre la Juventus è considerata a Firenze il rivale più odiato, il simbolo di un potere calcistico ritenuto per decenni incontrastabile, la nemesi sportiva di una città che ha trasformato questa tensione in identità. Sarà la 173ª sfida in Serie A: i bianconeri vantano 82 successi, 54 pareggi e 36 vittorie viola, numeri che raccontano una rivalità vissuta e sofferta, nata più di novant’anni fa e ancora oggi più viva che mai.

Le radici di questa inimicizia affondano nel 1928, quando il calcio italiano si apprestava a riformare il campionato. La Fiorentina venne ripescata per completare il nuovo format a due gironi da 16 squadre e fu inserita proprio nel Girone B insieme alla Juventus. Fu il primo vero contatto diretto, l’inizio di una storia che col tempo avrebbe assunto contorni quasi epici. Ma è nel 1982 che la ferita si trasforma in cicatrice permanente. L’ultima giornata di campionato vede Fiorentina e Juventus posizionate in testa: i viola affrontano il Cagliari al “Franchi”, i bianconeri volano a Catanzaro. A Firenze il gol di Graziani, che poteva valere uno scudetto sognato per tutta la stagione, viene annullato per una presunta carica sul portiere. A Catanzaro tutto resta bloccato fino al 28’ della ripresa, quando un rigore per un fallo di mano consente alla Juventus di segnare il gol che vale il titolo. Da quel momento esplode la bufera: il settimanale “Il Brivido Sportivo” conia il motto destinato a rimanere nella memoria collettiva, “Meglio secondi che ladri”, trasformando la sconfitta in un manifesto identitario.

Le polemiche tornano prepotenti nel 1989-1990, nella finale di Coppa UEFA, la prima tra due italiane. La Fiorentina è motivata, decisa a ribaltare anni di amarezze. L’andata si gioca in casa bianconera e finisce 3-1 tra le proteste viola: il gol di Casiraghi nasce da una spinta su Pin, non fischiata dall’arbitro. Nel dopo-gara lo stopper viola esplode davanti alle telecamere, si presenta a torso nudo mostrando i segni dell’unghiata ricevuta dall’attaccante e urla al mondo: “Quello che è successo l’hanno visto tutti. Mi sono saltati addosso in area ed era anche fuorigioco. Lascio a voi giudicare. A Firenze vinciamo noi 2-0 e meritatamente. Questo lo deve sapere tutta l’Italia”. “Casiraghi mi buttò a terra graffiandomi e segnò, poi mi disse: “Noi siamo la Juventus’”. La gara di ritorno però diventa quasi impossibile: il Franchi è chiuso per lavori, lo stadio di Perugia, casa temporanea dei viola, è squalificato dopo un’invasione di campo, così si finisce a giocare ad Avellino, città a forte tifo bianconero. In un’atmosfera surreale la partita termina 0-0 e la coppa viene sollevata dalla Juventus davanti a 30.000 tifosi. Da quella ferita nascerà anche un libro, “Quella sporca finale”.

E come se non bastasse, appena ventiquattr’ore dopo, il 17 maggio 1990, arriva l’annuncio che cambia per sempre i rapporti fra le due tifoserie: Roberto Baggio, il campione più amato dalla Firenze calcistica, viene ceduto alla Juventus. È un’umiliazione collettiva, un tradimento che scatena una vera e propria guerriglia urbana. Si racconta che Baggio non avesse alcuna intenzione di lasciare Firenze e che fu la società, per avidità e necessità economiche, a forzare la cessione. Di certo c’è che il giorno della presentazione rifiutò di indossare al collo la sciarpa bianconera, gesto di rispetto verso i tifosi viola, gesto che ripeterà quando tornerà al Franchi. In quella partita viene fischiato, procura un rigore per la Juventus ma si rifiuta di batterlo. Al 64’ viene sostituito e lo stadio, dopo minuti di contestazione, si trasforma in un applauso collettivo. È allora che Baggio compie un gesto destinato a diventare leggenda: raccoglie una sciarpa viola caduta in campo e la porta con sé fino agli spogliatoi. Un atto di amore, di riconciliazione, di verità.

Tutto questo, e molto altro, fa sì che Fiorentina–Juventus non sia mai solo una partita. È memoria, dolore, orgoglio, rivalsa. È il racconto di una città che, di fronte alla sua più grande rivale, ritrova ogni volta se stessa. E sabato, come sempre, tutto questo tornerà a pulsare ancora una volta, in una pagina viola che non smetterà mai di scriversi.

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