Capita nel calcio che la fortuna o dei timidi segnali di crescita possano alimentare la speranza producendo degli effetti negativi. Capita che per un motivo o per un altro nessuno si renda conto che è stato raggiunto il fondo. Ed ecco allora che la squadra diventa una sorta di malato terminale, che resta in vita grazie alle cure palliative, ma che è comunque condannato ad una lunga agonia.
Chi trova qualcosa di salvabile nella debacle milanese è però soltanto un illuso. La Fiorentina ha perso male ed è miseramente crollata sotto il cielo plumbeo di San Siro. Eppure non è cambiato nulla. Del resto, ormai non c’è più niente di cui stupirsi. In certi casi, però, una volta toccato davvero il fondo, non puoi far altro che resettare tutto, rialzarti e ripartire. Invece siamo alle solite. Non solo perdi, ma sposti le lancette dell’orologio in avanti, ti nutri di nuove speranze e continui a far trascorrere il tempo alimentando quella maledetta lenta agonia.
La Fiorentina è così, prigioniera di se stessa e delle sue paure. La squadra non gira, Pioli ha perso il bandolo della matassa e la società sembra assente. La sconfitta del Meazza, per come si è sviluppata ed è maturata, chiude definitivamente la porta della speranza. Non tutti però la pensano allo stesso modo. Ed è proprio questo quello che rischia di allungare l’agonia. Lo scrive La Nazione.
