Non una novità , purtroppo. La Fiorentina pare centrata e dentro la partita. Per 12 minuti. Poi alla prima difficoltà si scioglie, lasciando chiaramente capire come non sia un aspetto fisico (per informazioni chiedere a Dodo), ma una fragilità mentale inaspettata. O meglio, non preventivata così profonda. E in questo senso le scelte di Pioli lasciano perplessi. Rivoluzione, infatti, anche in campo e non solo dietro la scrivania. L’allenatore viola non cambia assetto, ma sostituisce tanti nomi. E di fatto vara la ‘linea verde’ anche se Dzeko contribuisce ad alzare l’età media. La più sostanziale variazione è nel mezzo al campo, dove la linea a 5 ha un solo superstite: Dodo. Per il resto l’ossatura che gioca nel presente con un occhio al futuro. Ma quello che conta è l’adesso e il doppio regista torna dopo essere stato mandato in archivio a S. Siro. Dunque Nicolussi vertice basso e Fagioli mezz’ala con licenza di accentrarsi e far salire la manovra. Accanto a loro Ndour, il ‘box to box’ designato; raccordo con l’attacco dove Dzeko fa il sottopunta e Kean il riferimento centrale. Tutto questo sulla carta. Poi c’è il campo.
E infatti per una manciata di minuti la Fiorentina c’è. O meglio, pare esserci, perché le conclusioni in porta restano un miraggio. Ma appena Di Francesco manda sulle tracce di Dzeko a turno Coulibaly o Ramadani, riempiendo tutti gli spazi la Fiorentina evapora. La palla persa da Ndour innesca l’unica vera ripartenza avversaria, chiusa da Berisha. Un ceffone che non sveglia, anzi, è se possibile letargico, con la squadra viola incapace di ritrovare il filo del gioco, affidandosi a iniziative sporadiche e lanci lunghi più per disperazione che per convinzione. E le occasioni nitide sono solo due. Troppo poche. Lo scrive La Nazione.
